Quando la musica non ha confini stilistici
L'approccio compositivo policromatico del fisarmonicista Veli Kujala non prevede barriere stilistiche
Veli Kujala è uno fra i fisarmonicisti più talentuosi e rappresentativi del Nord Europa. Il musicista finlandese è stilisticamente trasversale, in quanto la sua concezione compositiva è frutto di una visione stilistica molto ampia. Kujala ripercorre alcune delle tappe più importanti che hanno segnato la sua carriera.
Oltre a essere un eccellente interprete del repertorio di musica colta e contemporanea, il tuo stile compositivo è frutto di un mix che abbraccia musica elettroacustica e orchestrale. Dal punto di vista stilistico, ci sono somiglianze tra questi due generi?
Per me, la musica elettroacustica e quella orchestrale sono semplicemente due meccanismi di esecuzione diversi. Alcune cose sono più facili da ottenere con l’una che con l’altra, ma questi meccanismi non definiscono necessariamente lo stile musicale. La mia produzione compositiva si estende oltre questi due ambiti, comprendendo orchestre da camera, ensemble più piccoli e lavori solisti per vari strumenti. Stilisticamente, la mia tavolozza è ampia: impiego diversi approcci compositivi, il che rende difficile definire la mia musica sotto un’unica etichetta.
Anche il jazz è un genere musicale che fa parte del tuo background. Concentrandoti principalmente sul tuo strumento, quali fisarmonicisti jazz ti hanno influenzato di più?
La mia ispirazione per il jazz è venuta principalmente da strumenti diversi dalla fisarmonica. Le influenze principali includono Keith Jarrett, Chick Corea, John Coltrane, Pat Metheny, Charlie Parker, Jaco Pastorius, Egberto Gismonti e Steve Gadd, per citarne alcuni. Detto questo, sono molto esperto di storia della fisarmonica jazz e rispetto profondamente coloro che hanno contribuito in campo jazzistico. Tra loro, ho sempre ritenuto Severino Dias de Oliveira (Sivuca) uno dei musicisti più affascinanti del nostro fantastico strumento.
Come solista ti sei esibito con numerose orchestre prestigiose, ma è particolarmente degna di nota la tua partecipazione alla produzione dell’Hamlet di Brett Dean al Metropolitan di New York nel 2022. Potresti raccontare come hai vissuto questa esperienza a livello umano e artistico?
Questa è stata una chiamata dell’ultimo minuto e, come tutte le sfide, cioè preparare e memorizzare una parte difficile in poco tempo, ottenere un permesso di lavoro, imparare i movimenti scenici e la recitazione, è stata un’esperienza unica. La mia prima e unica prova scenica in questo progetto è stata quella generale, con circa cinquecento persone nel pubblico. Prima di quel momento, ho avuto solo un’opportunità di esaminare il pezzo con il direttore d’orchestra e il pianista. È stata una situazione che ho vissuto con grande tensione, ma poiché è andato tutto bene, è stata anche immensamente gratificante. Ho davvero apprezzato l’atmosfera professionale e ho costruito forti amicizie con il cast principale. Anche rimanere a New York per un periodo più lungo è stato fantastico, consentendomi di espandere la mia rete lavorativa.
Sei uno specialista della fisarmonica microtonale, uno strumento unico che hai co-sviluppato con il compositore Sampo Haapamäki. Quali sono le differenze sostanziali rispetto a quella “tradizionale”?
Lo strumento che abbiamo sviluppato è una fisarmonica isomorfa 24-EDO (divisione uguale di un’ottava). La differenza principale nel modo di suonare risiede nella nuova disposizione dei pulsanti, in cui ogni distanza è raddoppiata. Il musicista deve adattarsi a questo nuovo sistema, perché tutto sembra completamente diverso. Un’opzione è quella di usare una notazione scordatura, ma preferisco leggere direttamente la notazione microtonale. La fisarmonica a quarti di tono risuona in modo leggermente diverso e introduce dodici nuovi intervalli, tutti con un suono insolito rispetto all’accordatura tradizionale.
Parlando del tuo strumento, oltre ovviamente alla fisarmonica microtonale, quale modello di accordion suoni in studio di registrazione e dal vivo?
Ho sempre suonato strumenti Pigini, e persino i blocchi di ance microtonali sono stati realizzati da Pigini. Il mio strumento principale attuale è il Nova No. 5, dotato della mia nuova invenzione, il Timbralizer, che questa azienda ha costruito per me l’estate scorsa come prototipo per un potenziale ulteriore sviluppo. Funziona come una swell box aggiuntiva con due caratteristiche chiave: proietta il suono della fisarmonica in modo più uniforme nella sala da concerto e include un meccanismo continuo per regolare la serie di armonici e il volume del manuale destro, espandendo significativamente le possibilità sonore dello strumento. Per le esibizioni microtonali uso ancora il mio vecchio Sirius del 1998, dotato di ance a quarti di tono di Pigini del 2006.
L’insegnamento è un altro aspetto fondamentale della tua attività artistica. La didattica rappresenta un valore aggiunto per la tua carriera?
Insegnare è incredibilmente stimolante per me, in modi diversi. Vedere gli studenti raggiungere nuovi livelli di comprensione musicale, intuire le loro prospettive artistiche uniche e aiutarli a superare le sfide musicali è profondamente gratificante. Insegnare fornisce anche un prezioso punto di riflessione: lavorare con gli allievi, spesso, chiarisce i miei pensieri e contribuisce al mio sviluppo sia come artista che come docente.
Quali sono i tuoi progetti artistici più importanti per l’immediato futuro?
Ho diverse prime mondiali in arrivo: un nuovo concerto per fisarmonica microtonale e orchestra di Sampo Haapamäki, la Sonata n. 4 di Alexander Zhurbin, una sonata per fisarmonica microtonale di Kalevi Aho e un nuovo lavoro solista di Olli Moilanen. Come compositore, sto anche lavorando a diverse commissioni di musica da camera (nessuna che coinvolga la fisarmonica, per ora) e riorchestrando il mio concerto Transformations per quartetto di sassofoni e orchestra sinfonica. L’anno scorso abbiamo registrato The Legends of Otranto, un nuovo album di composizioni scritte dal contrabbassista jazz Ferdinando Romano, che uscirà ad aprile. Quest’anno registrerò un nuovo disco con Giancarlo Schiaffini (trombone), Sergio Armaroli (vibrafono) e Harri Sjöström (sax soprano), oltre ad alcune registrazioni soliste
(Foto di Heikki Tuuli, Vaaramedia, Maarit Kytoharju)
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When music has no stylistic boundaries
Accordionist Veli Kujala’s polychromatic compositional approach does not foresee stylistic barriers
Veli Kujala is one of the most talented and representative accordionists in Northern Europe. The Finnish musician is stylistically transversal, as his compositional conception is the result of a very broad stylistic vision. Kujala retraces some of the most important steps that have marked his career.
In addition to being an excellent interpreter of the repertoire of cultured and contemporary music, your compositional style is the result of a mix that embraces electroacoustic and orchestral music. From a stylistic point of view, are there similarities between these two genres?
For me, electroacoustic and orchestral music are simply two different performance mechanisms. Some things are easier to achieve with one than the other, but these mechanisms don’t necessarily define the musical style. My compositional output extends beyond these two realms, encompassing chamber orchestras, smaller ensembles, and solo works for various instruments. Stylistically, my palette is broad—I employ diverse compositional approaches, which makes it difficult to define my music under a single label.
Jazz is also a musical genre that is part of your background. Focusing mainly on your instrument, which jazz accordionists have influenced you the most?
My inspiration for jazz came mainly from instruments other than the accordion. Key influences include Keith Jarrett, Chick Corea, John Coltrane, Pat Metheny, Charlie Parker, Jaco Pastorius, Egberto Gismonti, and Steve Gadd, to name a few. That said, I am well-versed in jazz accordion history and deeply respect those who have contributed to the field. Among them, I have always found Severino Dias de Oliveira (Sivuca) to be one of the most fascinating musicians on our fantastic instrument.
As a soloist you have performed with numerous prestigious orchestras, but your participation in the production of Brett Dean’s Hamlet at the Metropolitan in New York in 2022 is particularly noteworthy. Could you tell us how you lived this experience on a human and artistic level?
This was a last-minute call, and with all the challenges—preparing and memorizing a difficult part in a short time, securing a work permit, learning stage movements and acting — it was a unique experience. My first and only stage rehearsal in this project was the dress rehearsal, with about 500 people in the audience. Before that, I had just one opportunity to go through the piece with the conductor and pianist. It was an incredibly tight situation, but since everything went well, it was also immensely rewarding. I truly enjoyed the professional atmosphere and built strong friendships with the main cast. Staying in New York for a longer period was also fantastic, allowing me to expand my professional network.
You are a specialist in the microtonal accordion, a unique instrument that you co-developed with composer Sampo Haapamäki. What are the substantial differences compared to the “traditional” accordion?
The instrument we developed is an isomorphic 24-EDO (equal division of an octave) accordion. The primary playing difference lies in the new button layout, where every distance is doubled. The player must adapt to this new system, as everything feels completely different. One option is to use a scordatura notation, but I prefer reading microtonal notation directly. The quarter-tone accordion resonates slightly differently and introduces 12 new intervals, all of which sound unusual compared to traditional tuning.
Speaking of your instrument, obviously besides the microtonal accordion, what model of accordion do you play in the recording studio and live?
I have always played Pigini instruments, and even the microtonal reed blocks were manufactured by Pigini. My current main instrument is the Nova No. 5, equipped with my new invention, the Timbralizer, which Pigini built for me last summer as a prototype for potential further development. It functions as an additional swell box with two key features: it projects the accordion’s sound more evenly across the concert hall and includes a stepless mechanism for adjusting the overtone series and volume of the right manual, significantly expanding the instrument’s sonic possibilities. For microtonal performances, I still use my old Sirius from 1998, fitted with quarter-tone reeds by Pigini from 2006.
Teaching is another fundamental aspect of your artistic activity. Does teaching represent an added value for your career for you?
Teaching is incredibly inspiring for me in many ways. Seeing students reach new levels of musical understanding, learning about their unique artistic perspectives, and helping them navigate technical or musical challenges is deeply rewarding. Teaching also provides a valuable point of reflection — working with students often clarifies my own thoughts and contributes to my development as both an artist and educator.
What are your most important artistic projects for the immediate future?
I have several world premieres coming up: a new concerto for microtonal accordion and orchestra by Sampo Haapamäki, Sonata No. 4 by Alexander Zhurbin, a Sonata for Microtonal Accordion by Kalevi Aho, and a new solo work by Olli Moilanen. As a composer, I am also working on several chamber music commissions (none involving the accordion for now) and re-orchestrating my concerto Transformations for saxophone quartet and symphony orchestra. Last year, we recorded The Legends of Otranto, a new album of music by jazz double bass player Ferdinando Romano, which will be released in April. This year, I will record a new album with Giancarlo Schiaffini (trombone), Sergio Armaroli (vibraphone), and Harri Sjöström (soprano saxophone), as well as some solo recordings.
(Pictures by Heikki Tuuli, Vaaramedia, Maarit Kytoharju)