Noi/Altri. Mario Ancillotti, Moni Ovadia e Paolo Rocca a Roma

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moni ovadiaMartedì 11 giugno 2013 presso l’Aula Magna dell’Università Sapienza di Roma verrà presentato Noi/Altri, un progetto di e con Mario Ancillotti, Moni Ovadia e Paolo Rocca. Narrazione di Moni Ovadia, Moni Ovadia Stage Orchestra e Ensemble Nuovo Contrappunto diretto da Mario Ancillotti. Questo in breve il programma che allieterà i presenti a partire dalle ore 20.30. Non si tratterà però di un percorso musicologico quanto più di una storia della suggestione di queste tradizioni nella cultura Europea dell’800 e del 900, evidenziando la vitalità di questi legami, confrontando e accostando le musiche tradizionali a quelle “colte”, a volte anche inserendo le une nelle altre.

Introduzione di Mario Ancillotti

L’Europa è il luogo in cui un grande numero di popoli diversi hanno coltivato le loro culture e tradizioni. Spesso confinanti e vicini l’un l’altro hanno così compiuto una osmosi straordinaria, non tale, però, da cancellare le tracce delle rispettive origini. Ci sono stati anche altri che per motivi diversi hanno attraversato l’Europa innervando le culture originarie e donando un patrimonio espressivo ed artistico divenuto poi condiviso, quasi radici esterne generatrici di una pianta comune e simbiotica.

Zingari, rom, magiari, provenienti dall’Asia e poi ebrei, dal medio oriente, portatori di tradizioni lontane e affascinanti, di scale musicali esotiche e misteriose, di danze dai ritmi compositi e “dispari”, di canti di lamento e di esilio, di lontananza, e di precarietà, hanno in maniera forte e vivificante influenzato tutte le culture dei paesi che attraversarono, a loro volta rimanendone influenzati.

Non è un percorso musicologico che qui dobbiamo descrivere, ma piuttosto la storia della suggestione che queste tradizioni hanno compiuto nella cultura Europea, in particolare del 800 e del 900. Come non sorprendersi che un Brahms, nordico amburgese, la cui musica tende sempre verso l’evoluzione della grande tradizione tedesca, piena di nobiltà e di eloquenza, sia rimasto così colpito dalla musica zingara, tanto da scrivere numerosi brani chiaramente ispirati a quello stile. E prima di lui Haydn e Schubert, tanto per citare i più noti, che per giunta vivevano ed operavano a Vienna ed erano vicinissimi a tali suggestioni. E’ vero che si tratta solo di stilemi che niente hanno a che fare con vere indagini etnomusicologiche, e che Liszt ebbe i suoi guai per la pubblicazione del libro “Des bohémiens et de leur musique en Hongrie” nel quale asseriva che tutta la musica ungherese era di derivazione zingara, e si deve arrivare a Kodaly e Bartok, e azzardo anche Enesco, almeno nella stupenda sonata n° 3 per violino e pianoforte, per conoscere i veri canti contadini e tradizionali di quelle popolazioni, ma è anche vero che la tradizione zingara ebbe un fascino indiscutibile nella sensibilità europea. Era, come dice Carlo De Incontrera il “ sentimento della puszta, della grande pianura, di quella speciale atmosfera che si respirava appena fuori Vienna. A monte c’era la nostalgia per la lontananza, una nostalgia che non riguardava certamente soltanto l’Est, l’area danubiana. Il canto popolare come idea del “autenticamente umano”, del carattere originario, di mondi perduti. Questo valeva in musica come anche in letteratura, nella poesia.”

Anche gli ebrei, ma a diverso titolo, hanno attraversato l’Europa lasciando numerose tracce della loro musica: pensiamo alla “cantillazione”, sorta di particolare accentazione della lettura biblica, o ancora alle melodie ricche di abbellimenti e ornamenti di antica tradizione orientale. E come il loro melos abbia influenzato soprattutto il novecento, da Shostakovic a Schoenberg, da Ravel a Milhaud.

Il nostro intento è quello di evidenziare la forza e la vitalità di questi legami confrontando, accostando le musiche tradizionali a quelle “colte”, a volte anche inserendo le une nelle altre, a volte anche suonando assieme. E’ così che si avvicinano le culture: cercando di creare un ponte di amicizia e stringere una rete di condivisione artistica e di sensibilità comune che raggiunge risultati profondi e sorprendentemente diretti. L’arte è un magnifico strumento di amicizia; nella esperienza di coloro che si occupano di arte non c’è mai spazio e motivo di razzismo. Forse questo è il segreto della reciproca comprensione ? Moni Ovadia con le sue straordinarie testimonianze ce lo spiegherà.

 

Il programma:

Brahms Danza ungherese nelle versioni per violino e cymbalon e per pianoforte a 4 mani

Brahms Rondò alla zingarese per archi e pianoforte (dall’op. 25)

Soro Lume Canto tradizionale rumeno

Bartók Danze Rumene

Suite di danze popolari rumene

Enesco Ciocarlia Sonata per violino e pianoforte 1° movimento

Ioane Ioane Canto popolare

Bartók da “Contrasti”: n. 3 Sebes

El Mohle Rakhamin Canto ebraico

Shostakovich 3 Canti ebraici

Mickey Katz Klezmer

Prokofiev Ouverture su temi ebraici

Dragoste Canto popolar

 

Nuovo Contrappunto

flauto Silvia D’Addona

clarinetto Marcello Bonacchelli

violini Pino Tedeschi, Andrea Farolfi

viola Rita Urbani

violoncello Alice Gabbiani

contrabbasso Alessandro Giachi

pianoforte Matteo Fossi, Simone Soldati

voce Silvia Tocchini

direttore Mario Ancillotti

 

Moni Ovadia Stage Orchestra

clarinetti Paolo Rocca e Ennio D’Alessandro

tromba Massimo Marcer

violino Nelu Stanescu,

fisarmonica Albert Mihai,

cymbalom Marian Serban

contrabbasso Isac Tanasache

 

Informazioni e biglietteria: tel 063610051 – www.concertiiuc.it – botteghino@istituzioneuniversitariadeiconcerti.it