Post-verità e post-Tenco?

Premio Tenco 2021, il resoconto del nostro inviato

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Tenco 2021 - germinalephocusQuando lo studioso statunitense Lee McIntyre, ricercatore al Centro di filosofia e storia della scienza all’Università di Boston e docente di etica all’Harvard Extension School, definì i nostri tempi come basati sulla “post-verità” fece uno spaccato perfetto del dibattito politico e culturale delle società occidentali.
La pandemia, purtroppo, ha peggiorato la situazione estremizzando le posizioni di chi, basandosi su una propria visione e interpretazione delle cose, la eleva a realtà senza bisogno di cercare una prova.
Se, un po’ per gioco, passassimo dallo scenario mondiale all’esito di un evento musicale come il Tenco la situazione non cambierebbe.
Dalla diffida all’utilizzo del nome da parte degli eredi del cantautore genovese all’esaltazione della nuova linea artistico-commerciale portata avanti dal Direttivo in carica è raro trovare un punto d’incontro obiettivo fra accuse di tradimento dello spirito originario e lodi sperticate per un ritrovato rapporto fra il Tenco e la città.
Il programma della rassegna, andata in scena dal 21 al 23 ottobre nella consueta cornice del Teatro Ariston con l’aggiunta di eventi collaterali nella città vecchia (Pigna) e nella sede del Club, cercava di tenere insieme le varie anime della canzone italiana proponendosi di promuovere una “canzone senza aggettivi”.
Giovedì, nella serata dedicata ai vincitori delle Targhe Tenco, si sono esibiti Samuele Bersani, Piero Brega, Peppe Voltarelli, Enrico Ruggeri e i Fratelli Mancuso con alcune brevi incursioni di un “tappabuchi” di lusso come Gianni Coscia.
La controversa presenza di Madame, reduce dal Festival di Sanremo e vincitrice di ben due targhe (Miglior canzone e Miglior opera prima), è saltata per problemi di salute, lasciando nel dubbio fan e detrattori sull’opportunità di una sua esibizione.
Probabilmente, i legami con la Rai spingono l’inserimento di cantanti, che, come nel caso di Achille Lauro nel 2019, poco hanno da aggiungere al valore artistico della rassegna.
Ruggeri ottiene con questo Premio Tenco il riconoscimento di una carriera di autore, anche per altri interpreti, di tutto rispetto, e l’esibizione sul palco dell’Ariston, coadiuvato da un buon gruppo, lo testimonia.
Dopo un set dedicato ai suoi successi, conquista il pubblico con un’intima versione, in duo col chitarrista Paolo Zanetti, di Quello che le donne non dicono, portato al successo da Fiorella Mannoia. A mio parere, insieme alla versione di Emozioni, eseguita alla fisarmonica dal “giovane” Gianni Coscia (classe 1931,) questo brano è stato il momento più intenso della prima serata.
Le tradizioni popolari sicule dei Fratelli Mancuso ed il progetto Planetario con cui Peppe Voltarelli omaggia e traduce le canzoni di maestri internazionali hanno convinto meno un pubblico comunque caloroso.
Fiorella Mannoia e Danilo Rea hanno aperto la seconda serata con un set di sostanza autoriale e classe interpretativa.
Tenco 2021 - germinalephocusLa cantante romana, più volta premiata nella sua quarantennale carriera, sa sempre emozionare ed emozionarsi nel rileggere i brani che grandi compositori le hanno regalato: dall’iniziale O que serà di Chico Buarque passando per Fossati, Dalla, Battiato e l’onnipresente Battisti, di cui ogni artista ha interpretato un brano, si è respirata l’aria di un recital del meglio della canzone melodica.
Rea, accompagnatore discreto e trattenuto nei primi brani, si è sciolto in Via con me, liberando lo swing e la tecnica che lo hanno reso famoso anche fuori dall’ambito del jazz più ortodosso.
Il cantautore uruguaiano Jorge Drexler, famoso per il brano Al otro lado del rìo, presente nella colonna sonora di I diari della bicicletta, e la cantante brasiliana Marisa Monte (Premio Tenco Internazionale) hanno regalato un tocco latino, confermando la predilezione che ha visto, nei decenni, premiare numerosi esponenti di quel continente.
Il Premio Tenco attribuito a Paolo Pietrangeli, ma consegnato a Piero Brega, per problemi di salute, ha velato di tristezza la serata per un interprete di un’epoca politica e musicale che ha attraversato tutta la storia di questo festival.
Il rock d’autore dell’emergente Lucio Corsi, il talento di Sighanda già apprezzata nell’edizione del 2018, l’omaggio a Brassens presentato da Alberto Patrucco e le esibizioni della cantante catalana Rusò Sala hanno completato la seconda serata.
In apertura della serata finale, le originali riletture di Battisti eseguite da Simona Colonna (violoncello e voce) e Ambra Pintore (voce) hanno dimostrato la volontà di scavare, con arrangiamenti e strumentazioni inusuali, in un repertorio che ha fatto parte dell’immaginario musicale del paese, mentre il rapper ungherese Aron Molnar, premiato per la sua lotta contro le censure del regime di Viktor Orban, e la giovane ed emozionata Senz_Cri hanno rappresentato l’ala più “modernista” della programmazione di questa edizione.
La collaborazione tra il veterano Mimmo Locasciulli e il giovane conterraneo Setak (al secolo Nicola Pomponi) è sembrata un’investitura ufficiale che dà un senso di continuità fra diverse generazioni di cantautori, mentre Vittorio De Scalzi ha cantato, con la solita classe e modestia, il suo ultimo brano, Quelle navi, dedicato alla sua Genova.
La maggiore curiosità era per il Premio Tenco assegnato ad una figura come quella di Mogol, così, apparentemente, lontana dalla sua storia.
Una standing ovation ha suggellato questo premio e il noto paroliere, visibilmente emozionato, ha raccontato del suo rapporto di amicizia e collaborazione artistica con Luigi e la responsabilità umana di non aver compreso fino in fondo il percorso di un artista così sensibile e fragile.
Dopo alcuni intermezzi comici di Claudio Bisio, il grande finale è stato dedicato a Stefano Bollani. Che, fra scorribande pianistiche ed esibizioni canore, ha esplorato quel mondo senza barriere stilistiche che rappresenta la sua cifra stilistica.
Dall’immancabile Battisti (Nessun dolore) a canzoni di Franco Fortini, dal suo Brasile ad una sentita versione di Lontano, lontano, che, ricollegandosi alla versione di Enrico Ruggeri che ha aperto la rassegna, chiude il cerchio.
Al di là di alcune antipatiche dichiarazioni di stampa, mi pare che questo tentativo di attualizzazione e apertura del Tenco alle musiche “altre”, coi suoi limiti e i suoi errori, abbia prodotto tre serate di buon livello musicale.
Ora, si riapriranno le diatribe, ma, intanto, per citare il libro di Paolo Sorrentino, “hanno tutti ragione”.

 

(Photo by germinalephocus)