Alessandro Gaudio: tecnica e comunicatività per regalare emozioni

967

Alessandro Gaudio (foto di Adelina Guaglianone)Spinto dal desiderio di voler migliorare sempre, Alessandro Gaudio è un giovane e purissimo talento dell’organetto profondamente e indissolubilmente legato alle sue radici culturali e musicali, che lui divulga con viscerale amore e ammirevole dedizione attraverso la sua prolifica attività concertistica e didattica. In questa chiacchierata, il musicista campano (cilentano per la precisione) racconta il suo ricco percorso e descrive la sua visione dell’arte.

Hai iniziato a muovere i primi passi verso la fisarmonica a soli sette anni, grazie a tuo padre Rocco. Generalmente, soprattutto al Sud, i genitori tendono a dissuadere i figli dallo studio della musica, perché considerano la professione del musicista poco redditizia e instabile. Tu, invece, in questo caso, puoi ritenerti fortunato?

«Grazie alla mia professione di insegnante ho avuto modo di constatare che, in molti casi, sono proprio i genitori a voler far intraprendere un percorso musicale ai propri figli, nel caso dell’organetto (soprattutto al Meridione) anche per rammentare la loro tradizione popolare vissuta sin da bambini. In altri casi mi è capitato di dover lottare contro genitori che esortavano il proprio figlio a cambiare strada, pur essendo musicalmente dotato. L’esempio che mi rappresenta di più è ovviamente il primo, soprattutto avendo un padre amante della musica tradizionale e già coinvolto nell’insegnamento e nelle serate musicali popolari. Fatto sta che qualsiasi genere musicale e qualunque strumento aiuta un giovane a crescere in maniera sana. Studiando la propria cultura e quella degli altri lo conforta nell’affrontare paure importanti (come quella del palco) e, tra le tante cose, un ragazzo che studia musica molto probabilmente non diventerà un ladro o un criminale. Sì, per questo motivo mi ritengo molto fortunato».

Seppur molto giovane, hai già fatto incetta di premi e vittorie in svariate competizioni internazionali. Ad esempio, sei stato due volte  campione mondiale di fisarmonica diatonica e hai ottenuto  moltissimi riconoscimenti  artistici, tra cui quello prestigiosissimo di ambasciatore nel mondo della musica cilentana, oltre a ricevere il “Premio Leucosia”, ossia un riconoscimento per gli artisti cilentani che si sono distinti nel mondo. Dal tuo punto di vista, quali sono le principali doti musicali che ti hanno permesso di raggiungere questi obiettivi così ambiti?

«Un musicista migliora sempre. Nella musica funziona così. Io credo che nella vita ognuno di noi debba porsi diversi traguardi, non uno solo. I due titoli mondiali vinti sono stati sicuramente un obiettivo da raggiungere, e le doti che sicuramente mi hanno sempre aiutato sono la tecnica e la velocità delle dita. Ma nonostante la padronanza strumentale sia il mio cavallo di battaglia, cerco sempre di migliorare le mie capacità espressive, perché credo che un esecutore, oltre a sbalordire il proprio pubblico, debba anzitutto emozionare. I titoli artistici provenienti dal mio Cilento sono dei riconoscimenti dati dal fatto che ovunque io vada in giro per il mondo, accompagnato dal mio strumento, porto sempre con me la mia terra, nelle musiche e nel cuore».

Hai tenuto numerosi concerti in diverse nazioni, quali Germania, Svizzera, Croazia, Slovenia, Ucraina, Russia, Bielorussia, Francia, Portogallo, Messico, Canada  (Québec), Marocco. In base a queste tue esperienze, hai notato un Paese fra quelli citati che ha mostrato un interesse maggiore verso la fisarmonica?

«In ogni posto c’è una tradizione diversa. Il bello di queste esperienze è certamente portare il proprio retaggio nei concerti. L’attaccamento alla fisarmonica, come alle proprie tradizioni, è molto presente in parecchi paesi dove mi sono esibito. In Russia l’interesse è in particolar modo rivolto alle musiche classiche oltre a quelle tradizionali, mentre in Messico molti gruppi pop utilizzano l’organetto e hanno molto a cuore la loro musica. In Canada (Québec) ho avuto modo di percepire l’amore per il melodeon, uno strumento caratteristico di quella zona. Il mondo è un rincorrersi di tradizioni sempre connesse fra di loro, come noi».

Alessandro Gaudio (foto di Eleonora Ferolla)Un’altra grande esperienza è stata la partecipazione al famoso programma televisivo, condotto da Licia Colò su RAI3, intitolato “Kilimangiaro”. Quando e com’è nata questa tua apparizione in TV?

«Considerando che la TV è un bel trampolino per un artista, accettai l’invito con molto entusiasmo (anche in altre occasioni televisive). Essere ospitato in un programma che tratta di cultura, ambiente e tradizione è stato confortante per me. L’esperienza fu bella. Entrai come un vip, con il nome scritto sulla porta del camerino e truccatore personale incluso. Però, purtroppo, in televisione (specialmente in quelle nazionali) sono i produttori a decidere addirittura quello che devi suonare, tagliandoti un po’ le braccia».

Oltre alla prolifica attività concertistica, sei molto attivo come didatta dirigendo tanti seminari e masterclass in giro per l’Italia. Inoltre, hai ricoperto il ruolo di presidente di giuria (categoria “World music junior” nel 2018 e categoria “World music senior” nel 2019) dell’importantissimo Festival di Castelfidardo. In che modo cambia il tuo approccio mentale da concertista a docente?

«Prima di essere un didatta bisogna lavorare su se stessi, con la capacità di comprendere che si migliora sempre sia come insegnante che come concertista, e in molte situazioni da una cosa si impara l’altra. Ho avuto l’opportunità di poter suonare in piccoli e grandi concerti e in grandi festival dedicati alla fisarmonica, da solo, con una band o addirittura con un’orchestra sinfonica (come con l’Orchestra Filarmonica della Calabria o l’orchestra del conservatorio di Rabat, in Marocco), imparando sempre da ogni esperienza. Accade nella stessa maniera con gli studenti, dove mi capita di dover attuare metodi e sistemi di insegnamento personalizzati».

In studio di registrazione e dal vivo, che modello di fisarmonica utilizzi?

«Sin da bambino ho suonato organetti della ditta “Dino Baffetti Accordions” di Castelfidardo, e attualmente ho un ottimo rapporto con la medesima fabbrica di fisarmoniche, con cui riesco sempre a rapportarmi e confrontarmi rispetto alle mie necessità strumentali. Un’azienda seria e disponibile che riesce a creare degli strumenti di altissima qualità artigianale, grazie ai quali posso esprimermi alla perfezione».

Quali sono i tuoi progetti artistici attuali più significativi e quali quelli per l’immediato futuro?

«Tantissimi. Innanzitutto voglio terminare il percorso di laurea in “Musiche Tradizionali” con il massimo dei voti. Poi sto ultimando un disco dove raccolgo brani originali con sonorità del Meridione d’Italia. In futuro, invece, voglio creare progetti e musica in gran quantità, sperando sempre di dare il massimo e di aiutare la musica e l’organetto a crescere sempre di più».

 

(Foto di Eleonora Ferolla e Adelina Guaglianone)