Corpo e anima per la fisarmonica
Fisicità e spiritualità nelle note di Geir Draugsvoll
Considerato da gran parte degli addetti ai lavori come uno fra i più rappresentativi specialisti del bayan, nonché un fulgido antesignano di questo strumento, Geir Draugsvoll incardina il suo stile su un perfetto equilibrio tra eccellente padronanza strumentale e toccante comunicatività. Attraverso questa chiacchierata rivive i momenti più significativi della sua carriera, con un occhio di riguardo per la divulgazione e l’affermazione della fisarmonica e del bayan in più ambiti possibili.
Sei considerato, a livello internazionale, uno fra i migliori interpreti del bayan e uno dei più grandi pionieri di questo strumento. Fachwerk di Sofija Gubajdulina, dedicato a te, è una tra le opere più importanti per fisarmonica classica. Quali sono le caratteristiche tecniche e interpretative di questa opera?
Prima di tutto, è un’opera lunga trentacinque minuti, molto drammatica, quindi direi che dal punto di vista fisico, dell’esecuzione, è a dir poco impegnativa. Per mantenere l’apertura alare e soddisfare la forma di questa grande opera è richiesto moltissimo sforzo, sia mentalmente che tecnicamente. Tuttavia, i momenti più belli da eseguire e da interpretare sono sicuramente riconducibili alla sincerità e all’intimità della lunga cadenza, dove lei utilizza il bayan interamente per dare forma alla melodia e all’accompagnamento, in un’enorme croce. Questo, oltre al punto in cui usa contemporaneamente i tripli glissando verso il basso e verso l’alto, che ritengo siano i momenti più magici di Fachwerk.
Grazie al tuo eccezionale talento, e alle tue straordinarie qualità artistiche, hai calcato palchi in tutto il mondo. Olanda, Germania, Inghilterra, Russia, Austria, Scozia, Norvegia, Portogallo, Stati Uniti sono solo alcuni dei paesi in cui ti sei esibito. In quale di queste nazioni hai percepito il maggior calore umano del pubblico e il maggior interesse nei tuoi confronti e verso la tua musica?
Poiché la musica che suono normalmente è qualcosa che richiede parecchia concentrazione e profondità, penso che la Germania sia il luogo in cui mi diverto di più a esibirmi. Mi piace accettare le sfide, e gran parte del pubblico, in Germania, è ben educato grazie ai valori culturali inculcati da molte generazioni. Quindi, se sono riuscito a convincere loro sulle mie intenzioni artistiche, alla fine credo sia davvero ancor più gratificante.
Collabori frequentemente con direttori di assoluto prestigio, quali: Valery Gergiev, Vasily Petrenko, Andres Mustonen, David Geringas, Joana Carneiro, Marc Soustrot, Alexander Mayer, Yuri Bashmet. Chi, tra loro, ti ha arricchito di più umanamente e artisticamente?
Ovviamente, avere una preferenza fra questi nomi è difficilissimo. David Geringas è stato il primo che mi ha introdotto nell’ambiente legato alla musica classica, per cui è stato meraviglioso esibirmi con lui, musicista dalla spiccata personalità, sia come violoncellista che come direttore d’orchestra. Ma devo dire che le più belle esperienze nel corso degli anni sono state le performance con Valery Gergiev. Abbiamo suonato con orchestre di livello mondiale, come la London Symphony Orchestra, Mariinskij Orchestra e la Münchener Philharmoniker, e l’energia che si sprigionava durante i concerti era stimolante e quasi soffocante allo stesso tempo. Partendo dalle prove, per arrivare al concerto, puoi condurre la musica a un livello completamente diverso, in un modo che non ho mai sperimentato con nessun altro direttore.
Inoltre, collabori anche con vari e importantissimi compositori, ad esempio: Sofija Gubajdulina, Anatolijus Sederovas, Staffan Mossenmark, Magnar Åm, Bent Lorentzen, Martin Lohse. Com’è nato il sodalizio artistico con questi straordinari musicisti?
Nella maggior parte dei casi la risposta semplice è “attraverso la musica”. Abbiamo trovato una comprensione e un feeling comuni su come interpretare esattamente le loro composizioni originali. Al contempo, ho avuto la fortuna di lavorare con compositori che sono molto interessati ad approfondire la loro conoscenza dello strumento. Lavorare con loro è ispirazione e privilegio che resteranno impressi nella mente e nel cuore per tutta la vita. Soprattutto il rapporto molto stretto e la collaborazione intima con Sofija Gubajdulina e Anatolijus Senderovas ha fatto sì che si tenessero alcuni concerti che rimarranno tra i più significativi per il bayan. Secondo me, questo perché i compositori si sono dimostrati assai elastici mentalmente verso la ricerca delle soluzioni migliori specie per suono e carattere dei brani. Ho anche creato un progetto artistico di ricerca sul mio lungo lavoro con Sofija Gubajdulina e su come i piccoli dettagli hanno cambiato il pezzo nel corso degli anni. Questo, perché ritengo sia importante fare documentazione su come lavorare con i compositori e, naturalmente, per accelerare un po’ l’evoluzione.
Sei norvegese, ma attualmente vivi in Danimarca, dove sei professore alla Royal Danish Academy of Music. Dal punto di vista strettamente didattico, quali sono le principali analogie e quali le differenze tra Norvegia e Danimarca?
La differenza è grande, tutto sommato. La Norvegia vanta una tradizione fantastica nella musica folk e la fisarmonica era, ed è tuttora, una parte molto naturale della vita musicale norvegese. La Danimarca, invece, non annovera una tradizione particolarmente considerevole nella musica popolare rispetto ai paesi confinanti. Quindi, in Danimarca, lo strumento è indirizzato soprattutto verso il circuito appartenente alla musica classica, segnatamente grazie alla notevole posizione accademica della fisarmonica alla Royal Danish Academy of Music. Questo ha comportato una produzione di brani molto originale da parte dei compositori danesi, per far sì che lo strumento fosse più integrato nella quotidianità musicale rispetto a quanto non lo fosse diversamente. In qualche modo, oggi, le differenze sono minori in relazione a quando io ho iniziato a studiare, poiché vi è una maggiore attenzione nell’educare sia i musicisti folk che quelli classici di entrambi le nazioni.
In qualità di docente sei stato ospite presso l’Accademia lituana di musica e al teatro di Vilnius, Hochschule für Musik und darstellende Kunst a Graz, Academy of Music, Sarajevo e al Conservatorio di musica di Tianjin in Cina. Il livello di preparazione degli studenti che hai incontrato e la capacità di apprendimento degli allievi cambia notevolmente tra Lituania, Austria, Bosnia e Cina?
In realtà, alcuni di questi ruoli ricoperti erano strettamente in qualità di mentore per corsi di dottorato o DMA, quindi non posso analizzare in modo così specifico. Ma in generale, avendo diretto numerose masterclass in tutto il mondo, ho notato delle differenze nel modo in cui l’attenzione cambia da una nazione all’altra. A mio avviso il mondo della fisarmonica pone molta attenzione verso i concorsi. Nelle zone in cui questo è il principale obiettivo, ho evinto che gli studenti hanno una capacità un po’ più limitata di cambiare prospettiva a causa del tunnel della competizione in cui si trovano. Questo, probabilmente, vale innanzitutto per il repertorio, sia sotto l’aspetto tecnico che dal punto di vista interpretativo. Per il futuro, per noi, è più importante collocare lo strumento in una prospettiva più ampia, in modo tale da incoraggiare l’approfondimento e la conoscenza maggiore della musica da camera ed essere più integrati con altri strumenti, ciò per permettere alla fisarmonica e al bayan di affondare maggiormente le radici.
Sei stato giudice in diversi concorsi internazionali che si sono svolti in Spagna, Italia, Polonia, Lituania e Russia. In uno di questi, sei rimasto particolarmente colpito da un giovane talento piuttosto che da un altro?
Penso che oggi ci siano molti grandi talenti nel mondo della fisarmonica e un paio li considererei particolarmente impressionanti. In queste competizioni ci sono stati vincitori come Hanzhi Wang, Maciej Frackiewicz, Samuele Telari e altri che hanno intrapreso brillanti carriere internazionali. Ma vorrei citare soprattutto Radu Ratoi dalla Moldavia, che ha vinto tutte le gare di fisarmonica più prestigiose negli ultimi tre anni. Conosco le sue straordinarie abilità, anche nel nostro lavoro quotidiano. Sono sicuro che sarà un protagonista assoluto in ambito internazionale per molti anni.
In studio di registrazione e dal vivo, quale modello di bayan utilizzi?
Attualmente sto suonando un Pigini Mythos n. 3. Questo è il mio strumento principale ed è quello che userei per quasi tutte le registrazioni e i concerti. Ma, in realtà, ho dovuto utilizzare anche la Pigini Nóva della mia accademia per un paio di occasioni, per esempio quando ho interpretato Salvatore Sciarrino, Il Giornale della Necropoli, con il Maggio Musicale Fiorentino a Firenze, alcuni anni fa. Semplicemente, non avevo le note più alte sui miei Mythos. Oltre a questo, ho anche una Pigini Superbayan, che ho usato in un paio di registrazioni per motivi squisitamente tecnici.
Sperando che il Covid 19 ci dia finalmente tregua, quali sono i tuoi progetti artistici per l’immediato futuro?
Questo è un anno importantissimo per me: La Royal Danish Academy of Music compie cinquant’anni, Sofija Gubajdulina novant’anni, Staffan Mossenmark sessanta e Martin Lohse cinquanta. Questi anniversari saranno festeggiati tutti insieme al RDAM-festival Accordion 50 Years”dall’1 al 3 ottobre. L’evento terminerà con il concerto-ritratto di Sofija Gubajdulina e una sua nuovissima sorpresa. Oltre a questo, realizzerò una nuova registrazione di Fachwerk con la Philharmonia Orchestra a novembre 2021, e non vedo l’ora di eseguire questa composizione, il più possibile, durante la prossima stagione. Inoltre, si terrà anche il festival Nordaccordion nella mia bella casa norvegese cittadina, a Voss, ad agosto di quest’anno. Questo è un seminario-festival, e in questa edizione vi sarà anche un simposio per la pedagogia della fisarmonica, con aggiornamenti e illuminanti novità per gli insegnanti di fisarmonica. Questo, in particolar modo, è qualcosa di davvero importante per lo sviluppo e la divulgazione della fisarmonica volgendo lo sguardo al futuro.