Il “romanzo” di Pino Daniele

Quattro domande a Gianni Valentino su "Feeling. Pino Daniele”

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Feeling. Pino DanieleUn anniversario (il decimo della scomparsa), alcune canzoni (dodici) e due autori: Pino Daniele, naturalmente, e il suo “cantore”, Gianni Valentino, che gli ha dedicato un libro, un “romanzo” come lui stesso ama definirlo, ricco di storia e di storie, di personaggi (tutti veri), e di tanta umanità. Un “romanzo” diviso in dodici capitoli, ciascuno intitolato a un mese dell’anno e consacrato a una canzone di Pino. Con Gianni Valentino, che ha scritto Feeling. Pino Daniele (Colonnese, 2025) ho avuto questa piacevolissima conversazione.

Gianni, nell’occasione del decimo anniversario della morte (ma anche prima), sono apparsi in libreria non pochi testi su Pino Daniele. Qual è la peculiarità del tuo, quello che, maggiormente, lo distingue dagli altri.

In realtà il mio libro Feeling. Pino Daniele nasce come ricerca di uno studioso della musica, alias un saggio di approfondimento e interviste; poi, nello sviluppo e nella stesura dei capitoli, si è trasformato in un romanzo sui generis. E mi auguro che il vocabolo romanzo non spaventi chi legge la nostra conversazione. Solitamente si tende a percepire le pagine del romanzo come un montaggio di episodi finti, alterati, inventati. Qui invece è tutta una spettacolare storia vera. Sono veri i musicisti che dichiarano e ricordano, che mi raccontano e che rievocano. Sono veri i fatti. Sono verissime le canzoni e i retroscena che vengono a galla dopo tanti anni di silenzi o non-detti. E ringrazio nuovamente le decine e decine di artisti che mi hanno donato la loro fiducia per realizzare questo progetto: alludo ad Agostino Marangolo e Tullio De Piscopo, Peppe Lanzetta e Peter Erskine, Raiz e Carlos Valderrama, Enzo Gragnaniello e Phil Palmer, Morgan e Lino Vairetti, Gianni Guarracino e Enzo Canoro, Antonio Capuano e Corrado Rustici, Morgan e Mario Biondi. E potrei continuare. Tutti loro sono persone che diventano parzialmente personaggi letterari, protagonisti di un romanzo corale sfavillante. Al centro di queste pagine, naturalmente, c’è il fantasma di Pino Daniele. Ancora oggi l’angelo custode delle nostre passioni musicali nonostante il suo corpo sia scomparso fisicamente dieci anni fa. Il risultato è un libro né celebrativo né commemorativo.

Che cosa significò, musicalmente, l’apparizione di Pino Daniele sulla scena del pop/rock/blues italiano? E della canzone napoletana…

L’arrivo di Pino Daniele nel jukebox partenopeo/italiano e mondiale è una rivelazione/benedizione per Napoli e per tanti innamorati della musica. È vero che qua e là, scandagliando la sua produzione, emergono citazioni e frammenti che rasentano il plagio: dal suo amore per gli Steely Dan a quello per gli Earth, Wind & Fire, dalla devozione per Airto Moreira al flamenco di Paco De Lucia. Eppure, la grazia di Pino, la sua capacità melodica e l’apertura nei riguardi di tanti musicisti che lo circondano, la volontà di creare un groove tutto suo, di cucire una rete che incorpori blues, fusion, folk, parolacce, rock’n’roll, pop, elettronica, parlesia, rabbia, canti africani, cronaca metropolitana, tenerezza, jazz, serenate, invettive, madrigali, samba, manouche creando una lingua italo/napoletano/inglese irripetibile, lo rende inavvicinabile da qualsiasi altro musicista. Ecco la ragione per cui ho selezionato dodici canzoni indispensabili della sua avventura creativa, ciascuna abbinata a ogni mese dell’anno, che diventano a loro volta la forma di ogni capitolo del romanzo. Queste dodici tracce consentono l’accesso alle identità dell’artista e fanno comprendere tanti aspetti prima non conosciuti o sottovalutati. Tanto per dirne qualcuno: la genesi di Alleria Je so’ pazzo. I segreti del testo di Stop Bajon. Una primizia che attiene alla colonna sonora del film Mi manda Picone diretto da Nanni Loy. Il senso del singolo Pigro nel disco in cui lui rielabora la polifonia dei madrigali nel 2004. E mi fermo qui per adesso, per non rivelare troppe sorprese.

Come si è evoluto il suo percorso dai primi album “storici” come Terra mia (1977), Pino Daniele (1979) e Nero a metà (1980) a quelli degli anni 2000? Sia per quanto riguarda il linguaggio più strettamente musicale, sia per quanto riguarda quello dei testi…

Nei testi – sia detto con il maggiore amore possibile e in tutta coscienza critica, di cui mi prendo la responsabilità – è evidente che c’è una sorta di dislivello tra l’essenza, la profondità, lo scrupolo narrativo, la potenza estetica e sentimentale degli album pubblicati nell’epoca 1977-1993 e quelli rilasciati da metà anni Novanta in avanti. Le reali motivazioni le conosce soltanto lui, va da sé. Dall’esterno credo sia impossibile intercettare perché avviene questo cambiamento così esplicito. Eppure nel libro mi piaceva indagare. La risposta è che sebbene nei testi vi sia meno poesia, forse, musicalmente Pino non ha mai smesso di inseguire soluzioni nuove. Che potessero sorprendere lui per primo e, di conseguenza, i suoi ammiratori. Basta riascoltare Via Medina, di cui illumino tanti aspetti assieme a Fabio Massimo Colasanti, chitarrista e suo producer techno.

L’impegno sociale di Pino Daniele è noto. Come si tradusse musicalmente e quali tracce ne troviamo nel tuo libro?

Nelle canzoni, Pino non ha dimenticato o sottovalutato mai la realtà cittadina: scorbutica, tortuosa, antipatica. Riflettiamo su alcuni pezzi che danno titolo ai capitoli del mio Feeling: Stop Bajon, che lui scrive e produce per Tullio De Piscopo, e che diventa un hit per le discoteche e vive e pulsa tutt’ora dopo quarant’anni. Pensiamo a Stella nera, sul contrabbando nel mare di Napoli, fenomeno di cronaca che pure Paolo Sorrentino ha citato nel suo lungometraggio È stata la mano di Dio. E aggiungo Chillo è nu buono guaglione, sulla sessualità fluida. E, naturalmente, Je so’ pazzo: l’insurrezione di un giovane cittadino stanco, che pretende semplicemente un rispetto civile. Ma ci sono anche altri pezzi al di là dei miei capitoli: Lassa che vene, Gesù Gesù, Fatte ‘na pizza, Bella ‘mbriana.  Ora che ci penso: chissà se la “leggerezza” della fase finale della sua carriera dipende anche dai guai al cuore. Magari pe’ nun se ‘ntussecà e farsi il sangue amaro ha preferito badare più alle melodie che non al senso di denuncia dialettica dei suoi esordi. Pino fin dalla gioventù si è sempre sentito anzitutto un musicista. Ecco perché prima che morisse stava studiando così tanto il flamenco e aveva composto un album interamente strumentale. Che chiaramente resta inedito, chissà fino a quando.

Gianni Valentino è giornalista, poeta/performer, educatore, copywriter. È ideatore/voce/corpo recitante del duo Totò Poetry Culture che elabora le poesie del Principe Antonio de Curtis in musica elettronica. Già autore della raccolta di poemetti Le piume degli angeli scemi (Iemme Edizioni) e dell’inchiesta-reportage musicale Io non sono LIBERATO (Arcana Edizioni), e curatore del libro di poesie e illustrazioni Santo Sud del musicista Dario Sansone (Comicon edizioni). Dal 2004 è firma de “la Repubblica”, dell’inserto culturale “Robinson”, del settimanale “il Venerdì”. Ha scritto per “Rodeo”, “Pagina99”, “Rolling Stone”, “il manifesto”.

 

Gianni Valentino, Feeling. Pino Daniele

Editore: Colonnese, Napoli

Anno di edizione: 2025

Pagine: 160, ill., brossura, € 14,00

 

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Foto: Gorup de Besanez, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

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