“Che Schönberg mi perdoni” (1° parte)

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“CHE SCHÖNBERG MI PERDONI”
La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney
(prima parte)

 

La serata è solenne. Il pubblico è quello delle grandi occasioni. Dalle quinte, un occhio indiscreto scruta, segretamente, la sala ormai piena. È il momento di iniziare. Per l’ultima volta, gli orchestrali affinano l’accordatura degli strumenti. Dal fondo della sala, si alza ancora qualche brusio, qua e là un colpetto di tosse. Silenzio, ora! Dal proscenio emerge il podio, che accoglie già il Direttore. Applausi. La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Grand Opera)È lui, è Mickey Mouse. Il frac lascia intravedere i calzoncini rossi, ma che importa…? La sua autorevolezza resta indiscutibile. Dopo gli inchini di rito, è il momento di agitare la bacchetta. Che potenza le prime note! A sinistra, tre violini; a destra, risponde il flauto di Clarabella, gli occhi roteanti al ritmo della musica. Il sipario si apre. La scenografia sembra quella di Giulietta e Romeo. Dal balcone, però, si affaccia la gallina Chiquita, che si lancia in un assolo struggente. La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Chiquita)Qualche istante di pathos, e, ai gorgheggi del soprano, risponde la voce stridente di Paperino. Inquadrato dalle luci, entra in scena armato di liuto. Ma è subito baraonda. Inseguendo conigli e colombe scovati nel camerino del prestigiatore, Pluto irrompe tra i protagonisti dell’opera e distrugge ogni cosa. Il fiasco è compiuto.
Il cortometraggio disneyano che racconta queste peripezie è Topolino direttore d’orchestra (Grand Opera, 1936) e non è il primo, né sarà l’ultimo, a vedere Topolino cimentarsi con la musica. E non solamente lui. Non c’è personaggio, creato da Walt Disney e dai suoi eredi, che non abbia fatto altrettanto: La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Walt Disney)spesso, oltre a Paperino e Chiquita, Minnie, Paperina, Pippo, Orazio, Clarabella si esibiscono al fianco di Topolino; Paperino è anche protagonista di due lungometraggi (Saludos Amigos, 1942 e I tre Caballeros, 1944) interamente dedicati alle danze e ai ritmi latinoamericani; ne Il libro della giungla (1967), l’orso Baloo e l’orango King Louie si lasciano andare a sfrenatissime canzoni jazz e altrettanto fanno Gli Aristogatti (1970) con il celeberrimo swing di Ev’rybody Wants to Be a Cat (it. Tutti quanti voglion fare jazz); in La carica dei 101 (1961), Rudy Radcliff, il padrone dei cani dalmata, è un autore di canzoni ed è sua l’indimenticabile Cruella de Vil (it. Crudelia De Mon). Poi, ci sono i film puramente musicali nei quali brani jazz appositamente composti, motivi popolari o celebri sinfonie sono illustrati dalle animazioni; tra gli altri: le Silly Symphonies (1929-1938), Lo scrigno delle 7 perle (1948), Musica Maestro (1946) e Fantasia (1940), il più celebrato e, al tempo stesso, il più criticato dei film musicali di Walt Disney. D’altronde, Topolino esordisce nel cinema sonoro proprio nei panni di un musicista, benché improvvisato come gli strumenti di cui dispone. La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Steamboat Willie)È il 1928, e in Steamboat Willie il nostro eroe è alla guida di un battello a vapore e fischietta il motivetto che dà il titolo al cortometraggio. Sprovvisto di veri strumenti musicali, Topolino suona animali e oggetti che trova a bordo: trasforma la capra in un organetto a manovella e i denti della mucca in un vibrafono; pentole e bidoni diventano una batteria. Impressionato dal primo lungometraggio sonoro, The Jazz Singer (di Alan Crosland, 1927), con Al Jolson, Walt Disney decide di rimaneggiare Steamboat Willie, originariamente muto, per adattarlo a questa novità e farne, così, il primo cartoon sonoro della storia del cinema. La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Al Jolson)Topolino, si sa, è alter ego e figlio prediletto di Walt Disney. E un figlio come Topolino non avrebbe potuto essere da meno di un padre che, pur non sapendo leggere la musica, né suonare uno strumento, aveva sostenuto che: “Per gli animatori sarebbe indispensabile un buon studio della musica, una presa di coscienza da parte loro di quanto sia primitiva la musica, di quanto sia naturale per le persone voler andare in musica, uno studio del ritmo, della danza, dei vari ritmi che entrano nella nostra vita ogni giorno”. All’opinione di Walt Disney fa eco quella di Sergio Miceli. Il musicologo ritiene che i migliori risultati del rapporto musica/immagine siano stati conseguiti nel cinema astratto e in quello d’animazione, in cui oggetti e situazioni familiari sono stilizzati e trasfigurati. Nemmeno nei cartoon figurativi disneyani c’è un rapporto diretto col reale, poiché le immagini sono il frutto del lavoro di un artista, che lavora in universi simbolici nei quali mette in scena giochi di colore e di luce, e, come un musicista, di ritmi ed intensità[1].La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Walt Disney)
Nel cinema d’animazione, la sonorizzazione è il frutto di un complesso «work in progress» nel quale entrano in campo numerosi elementi, che interagiscono costantemente, e può avvenire prima o dopo la realizzazione del film. Nel primo caso, il compositore ha bisogno, comunque, dello storyboard[2], per conoscere, inquadratura per inquadratura, ciò che sarà poi girato. Regista e musicista concordano l’andamento generale dell’azione e, provvisoriamente, la musica detta il modo di procedere, ponendosi come base di riferimento per l’animazione. Per una perfetta sincronizzazione è indispensabile un preciso rapporto tra la durata musicale, misurata in battute, e quella delle immagini in movimento, scomponibili in 24 fotogrammi al secondo. Il compositore appunta le durate in fotogrammi di ogni nota, le linee di ogni strumento, i numeri delle battute. A questo punto, dopo aver visionato queste annotazioni e ascoltato ripetutamente la musica, gli animatori possono dare inizio al proprio lavoro. Nel caso, invece, in cui la musica venga composta a cartoon ultimato, sarà il compositore a dover rispettare strettamente i tempi del film, avendo a propria disposizione una nota dettagliata della temporizzazione di ogni azione. Fra queste due soluzioni ne esiste anche una intermedia: prima di realizzare l’animazione, si incide, con pochi strumenti o con il solo pianoforte, una semplice traccia del motivo che indichi le battute essenziali e le melodie di base. Ad animazione completata, la musica, in versione definitiva e con tutti gli strumenti, viene registrata[3].
Nel 1959, Scott Bradley, musicista prima per la Disney e poi per i cortometraggi d’animazione della MGM (Tom & Jerry, Droopy, Barney Bear), scrive che la “questione della musica nei disegni animati è probabilmente l’aspetto più sconcertante dell’arte cinematografica”[4]. La musica nel cinema d animazione di Walt Disney (prima parte - Scott Bradley)Agli inizi del suo impiego, essa era considerata un aspetto del tutto secondario, una sorta di tessuto connettivo fra i vari effetti sonori. Di solito, l’accompagnamento consisteva in pochissimi brani, che dovevano, faticosamente, farsi spazio fra tamburi, gong, sirene e fischietti. “Walt stesso” – prosegue Bradley – “aveva l’abitudine di prender posto tra i suonatori di tamburo, talvolta unendosi a loro con qualche effetto corale”. I produttori dei primi cartoon sonori «saccheggiavano» brani musicali più o meno popolari, senza minimamente curarsi dei diritti d’autore. Quando, finalmente, intervennero gli editori musicali ed il sindacato degli orchestrali, si decise di servirsi di musica originale, composta appositamente, che cominciava “ad emergere come un importante corollario del disegno animato”. Il contributo di Scott Bradley in tal senso si sarebbe rivelato determinante. Innanzitutto, convinse i registi con cui lavorava che gli effetti sonori musicali erano possibili e, spesso, più efficaci di quelli meccanici, essendo parte dell’orchestrazione e aggiungendo intensità alla vicenda. Il problema successivo fu l’orchestra. In quell’epoca, l’investimento produttivo non consentiva la scrittura di più di venti elementi, che non potevano certo competere con i grandi ensemble a disposizione dei film «convenzionali». Bradley si rese conto, allora, che usando la sua piccola orchestra “come un complesso per musica da camera, un po’ ingrandito, con i fiati trattati individualmente, gli archi costituenti un quintetto, con il pianoforte innalzato all’importanza di strumento per a solo, obbligato invece che impiegato come un riempitivo, si poteva raggiungere una nuova e meravigliosa combinazione di colori tonali”. Ciò gli impose di servirsi di un contrappunto multiplo e di mezzi armonici non ordinari. È qui che, involontariamente, gli vennero in aiuto Stravinsky, Schönberg, Béla Bartók e Paul Hindemith. I primi due, soprattutto: “Petrouschka ha in sé l’essenza stessa dell’armonia controllata, del ritmo e dell’umorismo. La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Stravinsky)Non ho mai capito perché questa affascinante partitura, ricca di una così perfetta fantasia, non sia mai stata utilizzata per ricavarne un disegno animato […]. Viene in seguito Schönberg la cui opera, che denota al tempo stesso ispirazione e preparazione, gli ha procurato un posto a parte tra i compositori contemporanei. La sua tecnica dei dodici toni, applicata alla musica per disegni animati, fornisce i passaggi «metafisici» così necessari a sottolineare le situazioni fantastiche ed incredibili cui dànno vita gli attuali disegni animati”. In un altro contesto, il compositore dichiara: “Spero che il dr. Schönberg mi perdonerà per l’utilizzo del suo sistema per produrre musica divertente, ma anche i ragazzi dell’orchestra ridevano mentre la stavamo registrando”. La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Schoenberg)Per Bradley, però, non è possibile un’obbedienza totale ai princìpi della Nuova Scuola di musica e solo in una piccolissima parte delle partiture fa uso dei suoi mezzi perché “[…] nei cartoni la musica deve scintillare di vitalità e di umorismo. Sì, i clarinetti devono ridere sotto i baffi, il trombone deve gemere e slittare, le trombe devono strillare, e gli archi devono fare tutte quelle cose che ai buoni suonatori di archi viene raccomandato di evitare, – se vogliamo che la musica emerga sopra ai fischi delle scivolate, ai colpi delle pistole e allo stridio dei freni. Nello stesso tempo bisogna fare musica interessante, che si fonda con l’azione”. La musica nel cinema d’animazione di Walt Disney (prima parte - Appia)Ecco, il punto è proprio questo. In un cortometraggio animato tradizionale (diverso è il discorso che riguarda i cosiddetti “Classici Disney” come Biancaneve, Cenerentola, ecc.), la musica svolge un ruolo differente e di maggior rilievo di quello svolto nei film dal vero, in cui serve ad accompagnare o ad evidenziare le varie scene. Nei cartoon la musica ha una funzione simile a quella che svolge nei balletti classici. Gli animatori, infatti, come i coreografi, fanno agire i personaggi proprio sulla base della musica. Adolphe François Appia (1862-1928), regista teatrale, sosteneva che nel dramma wagneriano dovesse essere la musica ad impartire la misura del tempo, dettando gestualità, movimenti e durata delle azioni degli attori. Allo stesso modo, la musica nei cartoon “non si limita a sottolineare l’azione narrativa, ma diventa il Tempo, determina il ritmo e la durata di ogni movimento dei personaggi disegnati”[5].

 

NOTE

[1]Sergio Miceli, Musica e cinema nella cultura del Novecento, Roma, Bulzoni, 2010.
[2]Lo storyboard è, sostanzialmente, una serie di disegni che, sia nel cinema d’animazione, sia in quello dal vero, illustra dettagliatamente quanto sarà poi girato. Nello storyboard sono riferiti anche i movimenti della macchina da presa ed altre indicazioni.
[3]Giuseppe Valenzise, “Il pluricodico. La fusione audio-visiva nel cartoon americano”, in G. Bendazzi, M. Cecconello, G. Michelone, Coloriture. Voci, rumori, musiche nel cinema d’animazione, Bologna, Pendagron, 1995.
[4]Questa e le altre citazioni di Scott Bradley sono tratte da Scott Bradley, “Evoluzione della musica nei disegni animati”, in S. G. Biamonte (a cura di), Musica e film, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1959, pp. 217-221.
[5]G. Valenzise, Op. cit., p. 54.

PER APPROFONDIRE

BIBLIOGRAFIA

AA.VV, Topolino. 60 anni insieme, Milano, Electa, 1993.

CALABRETTO, Roberto, Lo schermo sonoro. La musica per film, Venezia, Marsilio, 2010.

DE FORNARI, Oreste, Disney, Firenze, La Nuova Italia (Castoro Cinema), 1978.

GIURLANDO, Davide (a cura di), Fantasmagoria. Un secolo (e oltre) di cinema d’animazione, Venezia, Marsilio, 2017.

RONDOLINO, Gianni, Cinema e musica. Breve storia della musica cinematografica, Torino, UTET Università, 2012.

RONDOLINO, Gianni, Storia del cinema d’animazione, Torino, Einaudi, 1974.

THOMAS, Bob, Walt Disney, Milano, Mondadori, 1980.

 

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