Tra il blues e il folk – “Sedicinoni” la nuova proposta discografica di Manco

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Tante volte mi sono chiesto, e credo di non essere l’unico, anche a fronte degli ultimi squilli di tromba e dell’eco delle polemiche sulla saga (o sagra …) sanremese, che fine avesse fatto la canzone d’autore, quella capace di emozionare e di riconciliarti con un mondo, quello musicale, votato esclusivamente al business, ai like dei social e ai consensi dei giovani. Tante volte, dall’alto dei miei “… anta” e della passione spasmodica per i grandi del passato, ho visto in questa sorta di innovazione una pena da scontare nella prospettiva di una “liberazione” e di una riconciliazione con tutto ciò che riconduce al termine “canzone”. Tante volte, infine, mi sono sentito dire “… Sei vecchio! Questo è quello che vogliono le nuove generazioni …” colpevoli, a mio modo di vedere, di assorbire mediaticamente tutto ciò che il mercato inopinatamente gli propone e, preso atto di questo mio ingente limite, mi sono soventemente rifugiato tra le montagne di polverosi CD (tutti originali!) messi in bella vista tra gli scaffali dello studio.
Poi ti accorgi che c’è un mercato (minore), ahimè fuori dai giochi di potere, le cui attenzioni sono tutt’ora riposte verso quegli artisti capaci di svincolarsi dal sistema e di non bruciarsi nello spazio temporale imposto dalle grandi major. Ed è proprio tra questi ultimi che andrei a collocare Manco (Antonio Manco), un giovane cantautore napoletano con il suo ultimo album “Sedicinoni”.

Sedicinoni - MancoIn questo oceano di musica frutto di suoni virtuali e groove campionati, ascoltare un album nel cui contesto si esalta anche la bravura dei musicisti è sicuramente, a mio modo di vedere, un valore aggiunto. Perché “Sedicinoni”? Presentaci questa tua ultima produzione.

Sedicinoni è stato per me essenziale, necessario. Nel 2013 ho buttato fuori il mio primo lavoro autoprodotto, “Ok…il momento è giusto”, in maniera completamente incosciente. Non sapevo nulla, né dal punto di vista artistico né comunicativo, riguardo la scena indipendente.

Ho buttato fuori un lavoro, seppur sicuramente molto sincero, molto acerbo e che è partito zoppicando, per una mia ignoranza nella conoscenza di tutte le dinamiche che riguardano un’uscita discografica, soprattutto se sei indipendente.
Quindi, “Sedicinoni”, l’ho voluto soprattutto come riscatto verso me stesso, per mettermi alla prova come autore e compositore. C’è un lavoro su me stesso, nella scrittura, come nella ricerca sonora, grazie anche all’aiuto di Giuseppe Spinelli, il mio produttore artistico, e Dario Di Pietro, amico ultra decennale e chitarrista della mia band che ha messo un po’ lo zampino qui è là. ‘Sedicinoni’ è quello che racchiude il suo nome: immagini, fotografie. Storie ed emozioni raccontate seguendo questa logica, come un film di cui queste dieci canzoni compongono un’ipotetica soundtrack.

Chitarre acustiche, slide, armonica … Come identifichi il tuo album … più pop o folk?

Mi piacerebbe intenderlo come una fusion. Non come il genere dovuto al mix di jazz, funk e rock nato negli anni 70 ma proprio come fusione di stili.

C’è la canzone italiana, nella sua accezione pop, ma c’è anche tanta America che occupa una bella fetta dei miei ascolti: folk, blues, country, bluegrass, rock, soul. Ed è proprio così che l’abbiamo concepito in fase di pre-produzione.

È una fusione anche dal punto di vista più strettamente tecnico perché, anche se è protagonista, l’umanità di musicisti in carne ed ossa che suonano strumenti (me compreso), i groove campionanti, i synth e le sonorità elettroniche non mancano. Sono fuse ed incastrati con il legno delle chitarre e le valvole degli amplificatori. Per dare ancora più quest’idea di fusion, molti beat e groove, non sono dei semplici sampleelettronici, ma sono stati suonati veramente con gli strumenti più disparati (tammorre, bottiglie d’acqua, ocean drum, una catena in un secchio), effettati, filtrati e poi looppati.

Come ti sei avvicinato alla musica e alla canzone d’autore? C’è qualche artista che ha influenzato il tuo modo di scrivere e la tua verve creativa?

Qui do quasi sempre la sessa risposta: mio padre. Mio padre è stato uno speaker radiofonico in una delle tante storiche radio libere degli anni 70 e quindi cultura musicale ed ascolti a non finire.

Da bambino, da quando ne ho memoria, nella mia macchina, transitavano le cassette (si le cassette, sono stato bambino negli anni 90!) degli Eagles, Eric Clapton, Pino Daniele, Lucio Battisti, Edoardo Bennato, i Pink Floyd, gli America, Antonello Venditti.

Credo quindi siano stati loro i miei primi indiretti e inconsapevoli ispiratori.
Sicuramente durante l’adolescenza, fino ai 20 anni più o meno, è stato Ligabue ad avermi  influenzato molto. Non a caso, anche lui inizialmente proponeva questa sorta di mix tra canzone italiana e le sonorità folk e rock made in USA.

Delle 10 tracce del disco “Sedicinoni” ce n’è una che, più delle altre, evoca in te dei ricordi o un sentimento particolare?

Resilienza. La canzone più complessa e meno immediata del disco a parere non solo mio ma anche di alcuni amici. Generalmente, vuoi perché in fase di produzione ne sei saturato, io non riesco ad ascoltare le mie canzoni. Mi annoio. Resilienza invece è l’unica che quando l’ascolto mi emoziona ancora. Ha un testo complesso, è molto vera e legata alla mia vita quotidiana.

In fondo tutti siamo caduti e ci siamo rialzati diverse volte e lo faremo ancora. Sentire la tua voce che lo racconta, nel tuo proprio modo, è un po’ come parlare a se stessi.

Quali obiettivi si pone un ragazzo della tua età che si affaccia nel panorama musicale?

Bella domanda.

Sarò un po’ spigoloso: gli obiettivi sbagliati. Ma purtroppo, questo non è completamente colpa nostra ma è il doversi adattare per …”esserci”, esistere almeno in un sottobosco. Le condizioni non sono le migliori, gli ambienti sono sempre più chiusi ed elitari. La qualità oggettiva è sempre più lasciata in secondo piano rispetto ad altri aspetti, di cui non voglio entrare nel dettaglio altrimenti vengo additato come l’ennesimo frustrato e deluso.

Personalmente sono consapevole delle difficoltà e delle ancora maggiori difficoltà dovute alla strada artistica che ho scelto, al di fuori delle mode. Ma ne sono fiero, perché è mia, vera, autentica.
Perché ti dico gli obiettivi sbagliati? Perché secondo me le attenzioni dovrebbero essere altre ma per il contesto che viviamo adesso purtroppo dobbiamo dividere energie ed attenzioni su molte cose e, molte di queste, per me sono un po’ uno spreco di tempo.

Secondo me dovremmo impegnarci a crescere, musicalmente ed artisticamente e non fare sempre i bambocci da social. La comunicazione più vera e potente è sempre quella concreta, faccia a faccia. E poi crescere, confrontarci, vivere, cose vere. E poi con autenticità e sincerità, dire la propria, senza seguire le mode … anzi fuggire dalle mode, per cercare il proprio unico e personale modo di esprimersi.

MancoCondividi le varie proposte del mercato discografico attuale?

Non completamente.

Se ti riferisci a quello italiano mainstream/indie (che poi è il nuovo mainstream), quello famoso, apprezzo e stimo pochi nomi: Brunori, Motta, The Zen Circus, Levante, Di Martino. Poi per il resto sono veramente molto lontano. E anzi, ti dirò di più, un certo appiattimento nei contenuti, nel linguaggio e nelle composizioni, mi ha proprio stancato. Lo trovo un insulto all’intelligenza emotiva della gente.

Curiosando tra la tua biografia ho visto che hai partecipato a numerosi Festival di settore, tra l’altro con eccellenti risultati … Cosa ti aspetti dal futuro?

Ehehe. Di farne anche con questo nuovo album e di farne ancora di più prestigiosi. Sai quante cose ci sono da imparare da un palco? E poi la possibilità di arrivare a molte più persone, persone nuove, che probabilmente non avrebbero altre occasioni per conoscere la mia musica ed io per provare a trasmettergli qualcosa.

Dal futuro mi aspetto la giusta ricompensa emotiva e artistica per il lavoro fatto e le emozioni condivise. Né più né meno. Nessun successo da rockstar, quello arriva per fortuna o grazie agli amici giusti. Mi aspetto di poter riuscire vivere di musica, di questa musica e di poter aver sempre lo stesso ritorno in termini di stimoli ed emozioni, per poterne fare ancora.

Nel 2013 hai pubblicato il tuo primo album “Ok … il momento è giusto” e adesso torni alla ribalta con “Sedicinoni”. C’è qualcos’altro che bolle in pentola?

Sicuramente la preparazione di un piccolo giro tour. Suonare live è la cosa che più di tutte preferisco, il disco è solo quasi un pretesto! Quindi i festival di cui sopra, club, rassegne, tutto quelle che mi permette di esprimermi così come si deve con la mia band.

E poi sì, già sto pensando al prossimo lavoro, perché come dico sempre “quando finisci un disco, già stai pensando al prossimo”. Alle sonorità che mi piacerebbe avere, ancora più folk e a come evolvere ancora il modo di scrivere. Ma per ora sono ancora le fantasticherie che viaggiano incontrollate nella mia testa, quando sono sotto la doccia o bloccato in mezzo al traffico.

 

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MANCO – Manco potrebbe essere un rocker, forse un bluesman, ma sicuramente è un cantautore e chitarrista sospeso tra la melodica forma-canzone nostrana e le sonorità filoamericane. Antonio Manco muove i primi passi in diverse band ma ben presto comprende che è il progetto solista ad essere lui più affine. Nel 2013 pubblica il suo primo album autoprodotto “Ok…il momento è giusto” avvalendosi della direzione artistica di Giuseppe Spinelli ed è stato presentato in occasione della X Edizione del DiscoDays presso la Casa della Musica di Napoli dando il via ad una intensa attività live che lo vede impegnato nei due anni a seguire. Tra il 2013 ed il 2015 è stato finalista al Festival Rock Targato Italia, al Rocalling Festival ed al Festival della Canzone d’autore “Ugo Calise”, oltre che semifinalista al Premio Pierangelo Bertoli. Importanti sono stati gli open act di Giovanni Truppi, Riccardo Sinigalliae de I Rio. Per due anni consecutivi ha inoltre partecipato ad un piccolo Festival organizzato da una radio RadioLontra (Caposele) in occasione della Festa Europea della Musicache si svolge ogni anno in tutta Europa. Nel frattempo, avvalendosi nuovamente della direzione artistica di Giuseppe Spinelli, inizia a lavorare a nuovi brani che danno vita al suo secondo album: Sedicinoni.