Con Gubajdulina, Corrado Rojac incanta il pubblico de La Fenice

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Corrado RojacIl fisarmonicista Corrado Rojac incanta il Teatro La Fenice di Venezia. Il concerto, tenutosi lo scorso 13 dicembre, è stato organizzato dall’Agimus e dedicato a Sofia Gubajdulina nell’occasione del suo ottantesimo compleanno, con un programma che verteva prevalentemente proprio sulla musica della compositrice russa.

La stagione concertistica dell’Agimus arricchisce la città di Venezia, annualmente, con una offerta di concerti di altissimo livello. Il primo appuntamento della stagione 2011, ad esempio, ha visto protagonista il percussionista Guido Facchin, blasonato esecutore e autore di un testo sulle percussioni di fondamentale importanza nel panorama musicale internazionale. Si tratta però di esecuzioni particolari, dove spesso la musica è affiancata da altre arti, o da spazi riflessivi, filosofici: altrettanto importante è infatti la sinergia dell’Agimus con altre realtà culturali della città come l’Università. E così è stato per il concerto dedicato a Sofia Gubajdulina che ha visto la partecipazione dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia. Un concerto aperto da Rojac con il De Profundis della Gubajdulina e, durante il quale, si sono esibiti poi anche la pianista Letizia Michielon e il violoncellista Marco Trentin. L’evento si è concluso proprio con lo stesso violoncellista che, con il noto fisarmonicista, ha dato vita a un duo inedito che ha interpretato In croce, della stessa Gubajdulina.

L’esecuzione di Rojac, uno dei più importanti fisarmonicisti che si è esibito recentemente anche alla Harvard University di Boston, ha avuto un forte impatto emotivo sul pubblico del teatro. L’immagine della sofferenza, spesso presente nell’opus della Gubajdulina, infatti, è stata resa dal fisarmonicista triestino con grande plasticità. All’emozione, tangibile in sala, hanno contribuito anche le immagini di Roberta Franchetto ispirate dal pensiero della compositrice russa (in particolare alla sua affermazione “il simbolo di per sé è un fenomeno vivo”). Nella splendida Sala Apollinea del teatro e proiettate su uno schermo posto sopra il palco, l’artista figurativa formatasi all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, ha così proposto istantanee colte fotografando la natura. In una “cristallizzazione in disegno, in contenuto apparente”, come annotava la stessa Roberta Franchetto nei programmi di sala.

Un piccolo intermezzo dedicato alla realtà musicale contemporanea italiana, momento topico assiduamente presente nella programmazione della stagione, è stato dedicato alla musica dello stesso Rojac: diplomatosi in composizione al Conservatorio di Milano, il fisarmonicista triestino ha potuto così eseguire Kafkiana Seconda, una propria composizione del 2006, ispirata, similmente al De Profundis della Gubajdulina, alla sofferenza. Una sofferenza però ben diversa da quella mostrata dalla compositrice russa poiché, in questo caso, il brano è ispirato al racconto di Franz Kafka La metamorfosi, in cui il protagonista si trasforma in un enorme insetto. Con tale brano, Rojac offre una propria riflessione sulla sovrapposizione di moduli ritmici, che presentano diverse idee musicali, continuamente disgregantesi una nell’altra – similmente alla trasformazione dell’essere umano in mostro narrata nel racconto kafkiano.

Il programma ha offerto poi alcuni studi per violoncello solo della Gubajdulina, eseguiti dal violoncellista Trentin, secondo violoncello del Teatro La Fenice e un’esecuzione della pianista di fama internazionale Letizia Michielon (vanta concerti in prestigiose sale europee, tra cui la Wiener Saal del Mozarteum di Salisburgo), anch’essa impegnata in alcune musiche della Gubajdulina, quali la Toccata e la Ciaccona, che hanno coinvolto il pubblico in maniera viscerale.

Rojac e Trentin poi, in un duo formatosi per l’occasione, hanno eseguito In croce di Sofia Gubajdulina. Un brano in cui la dimensione mistica dell’arte musicale della compositrice russa si tinge di significati religiosi; il simbolo della croce è infatti legato alla figura del Redentore e della sua sofferenza sulla croce, appunto, nonché della sua liberazione da essa e della sua ascensione verso un mondo ultraterreno – elementi ben riconoscibili nel brano della Gubajdulina, che i due musicisti hanno reso magistralmente. Il duo è stato accompagnato da un’installazione figurativa, in questo caso ispirata al tema della croce, dell’artista Thomas Braida, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Degna conclusione di un concerto strepitoso.