Un punto supremo d’incandescenza-Il surrealismo di fronte alla musica

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“UN PUNTO SUPREMO D’INCANDESCENZA”

Il surrealismo di fronte alla musica

di Sergio Macedone

 

André Breton (Foto di Man Ray)La parola – Surréalisme – la inventa Apollinaire nel 1917, ma, qualche anno dopo, André Breton, fondando l’omonimo movimento, se ne approprierà per usarla in tutt’altra accezione. L’occasione per coniare il neologismo è di carattere musicale – la presentazione del balletto Parade, con musiche di Erik Satie e scene di Pablo Picasso – ma Breton rifiuterà di riconoscere alla musica il valore che, invece, attribuirà alla poesia e alle arti visive. Da questa presa di posizione nascerà un confronto a distanza con André Souris, musicista, membro del gruppo surrealista belga, sostenitore di una concezione opposta. Per Apollinaire il “surrealismo” è un realismo più creativo e ricco di fantasia di quello «fotografico», in grado di recuperare, innovandolo, il meglio della tradizione francese (Dècina Lombardi P., 2002). Nel primo Manifesto del Surrealismo Manifeste du Surréalismepubblicato a Parigi nell’ottobre 1924, Breton definisce in maniera del tutto diversa il termine, spiegando, così, la natura stessa del nuovo movimento: “SURREALISMO, n. m. Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero […] in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale. […] Il surrealismo si fonda sull’idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme di associazione finora trascurate, sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero” (Breton A., 1966, p. 30). Nello stesso testo, l’autore esprime la propria riconoscenza a Sigmund Freud per aver indicato la via utile a liberare le forze dell’inconscio e a farle intervenire nella vita di tutti i giorni. Per Breton una parte essenziale della nostra esistenza è costituita dal sogno ed un giorno sarà possibile trovare un punto d’incontro tra lo stato onirico e quello della veglia, dando luogo ad una sorta di realtà assoluta, di surrealtà. Il surrealismo si presenta, dunque, come qualcosa di più complesso di un fenomeno esclusivamente e puramente artistico, come un vero e proprio progetto di liberazione da compiersi attraverso un processo di rinnovamento del rapporto tra società e individuo e tra realtà e fantasia. André Breton e gli altri artisti che fondano o che aderiranno al surrealismo (Louis Aragon, Philippe Soupalt, Man Ray, Max Ernst tra gli altri) si erano formati in seno al movimento dada. Louis AragonMa se la pratica costante del dadaismo era stata la negazione, il rifiuto totale, il surrealismo rappresenta il passaggio all’affermazione e alla ricerca sperimentale (De Micheli M., 1976). Anche sul piano musicale si misurano le distanze tra le due avanguardie. La musica era stata sempre presente negli spettacoli dada Uno spettacolo Dada (Hugo Ball) e due compositori, Georges Auric e Darius Milhaud, le cui opere avevano accompagnato le prime manifestazioni dadaiste a Parigi, avevano collaborato alla rivista “Littérature”, fondata nel 1919 da Breton, Aragon e Soupalt. Ma non appena Breton e i suoi compagni prendono le distanze dalle performance provocatorie di Dada, espellono i due musicisti dalla rivista, accusandoli di complottare contro il mondo letterario. Philippe Soupault (1963, p. 168) dichiara di disprezzare “l’ambiente musicale colonizzato da snob”, ma ciò non è sufficiente a spiegare il rifiuto della musica da parte dei fondatori del surrealismo. Nel 1925, Breton (2010, pp. 11-12), in un testo che esplora i temi cruciali del surrealismo in pittura, Le surréalisme et la peintureespone anche, sinteticamente, il proprio punto di vista sulla musica: “A […] diversi livelli di sensazione corrispondono realizzazioni spirituali abbastanza precise e distinte da autorizzarmi ad attribuire all’espressione plastica un valore che insisterò invece nel rifiutare all’espressione musicale, la più profondamente confusionaria di tutte. Le immagini auditive sono infatti inferiori a quelle visive non soltanto per nitore, ma anche per rigore, e, checché ne dicano i melomani, non servono a rafforzare l’idea della grandezza umana”. Breton conclude con un auspicio, che suona come un anatema: “Che la notte continui dunque a cadere sull’orchestra e che mi si lasci […] alla mia silenziosa contemplazione”.

Negli stessi anni in cui il surrealismo muove i primi passi a Parigi, anche a Bruxelles alcuni artisti, riunendosi attorno alla pubblicazione “Correspondance”, danno vita ad un movimento surrealista autoctono. I due gruppi avanzeranno parallelamente, con punti di convergenza e di divergenza. A dividerli, tra le altre questioni, ci sarà proprio la musica. Nel 1926, aderiscono al gruppo belga due musicisti, Paul Hooreman e André SourisAndré Souris. Il loro impegno per orientare l’attività dei surrealisti belgi anche in senso musicale trova il sostegno del principale teorico del movimento, il poeta Paul Nougé, che con i propri versi ispira alcune arie musicali di Souris ed insiste sull’opportunità di sperimentare i suoni in tutte le loro possibilità come accade con le parole (Dècina Lombardi P., 2002). In occasione di un’esposizione al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, André Souris (1934) pubblica un testo in cui, riassumendo la posizione di Breton e dei surrealisti francesi di fronte alla musica, ricorda che contro di essa ed i musicisti è stato opposto un muro di silenzio e di disprezzo. Souris cerca di comprendere i motivi di tanta ostilità, fino ad ammettere che la musica può assurgere al ruolo di “nuovo oppio dei popoli”. Tuttavia, la musica possiede altre facoltà che possono essere colte e divenire così uno strumento di conoscenza al servizio dell’uomo. Più di qualsiasi altra, la materia musicale, per Souris, è predisposta a congiungersi con i moti interiori, a nutrirli e svilupparli, procurando al musicista un piacere senza limiti e donandogli l’illusione del più grande appagamento. Questa attività si compie nell’individuo stesso, inducendolo a sopprimere ogni contatto con l’esterno, per cui “la musica costituisce, probabilmente, il mezzo più adatto alle sperimentazioni surrealiste” (Souris A., 1934, p. 135). Souris è fortemente influenzato dagli scritti teorici di Paul Nougé Ritratto di Paul Nouge (René Magritte, 1927) anche nello stile: se Nougé scrive versi frammentari, intenzionalmente sospesi, che esigono una partecipazione del lettore, Souris, da parte sua, non compone sinfonie, ma solamente brani brevi (Arfouilloux S., 2009). Souris ha lasciato numerosi appunti, purtroppo lacunosi, sui propri metodi di creazione e sulle fonti d’ispirazione. Egli ritiene che il percorso di un musicista inizi con la ricerca di uno stato d’animo ed osserva che esiste una dissonanza tra la propensione della musica a congiungersi coi moti più ineffabili della coscienza ed il fatto che essa si traduca in pura forma. Per spiegare come il musicista possa trasmettere il proprio stato interiore (che chiama “slancio”) alla forma musicale, Souris fa riferimento ad un testo sulla magia di Henri Cornélius Agrippa von Nettesheim. Agrippa Von NettesheimSecondo questo umanista tedesco, vissuto a cavallo tra il XV ed il XVI secolo, gli incantesimi, pronunciati con veemenza dopo averne stabilito attentamente anche la misura e il numero delle parole, infondevano al mago una grande forza, che si proiettava sull’oggetto dell’incantesimo. Souris non chiarisce come intenda tradurre in musica questi processi, ma la citazione di Agrippa e la ricerca di uno stato d’animo attraverso il quale possa controllare – come fosse un sortilegio – l’oggetto della propria creazione, lasciano facilmente dedurre una sua concezione della musica che si fa incantesimo e che lega musicista ed ascoltatore in maniera “sconvolgente” (Arfouilloux S., 2009). Questa ricerca di Souris è simmetrica a quelle di Nougé, che desidera provare emotivamente, con uno sforzo di empatia, ciò che prova l’ascoltatore comune. Per Nougé (1980) la musica non deve essere puro esercizio formale, ma un mezzo per agire sul mondo. Anche lui, come Souris, attribuisce alla musica una funzione che ha le proprie radici in una concezione magica. Per le proprie sperimentazioni, Souris si serve anche del collage, una delle tecniche artistiche più utilizzate dai surrealisti di ogni paese. Per René Magritte, pittore di punta del surrealismo belga, il collage è alla base stessa del procedimento pittorico.Magritte - Sans Titre Gli oggetti così raffigurati, “estrapolati dal loro contesto ed inseriti in un ordine diverso, devono essere estraniati e suscitare domande sul loro nuovo ruolo di protagonisti del quadro” (Schneede U. M., 1982, p. 41). Per Souris una raccolta di esercizi musicali da ritagliare e ricomporre può avere la stessa utilità che per Magritte o per Max Ernst ha una rivista dalla quale ricavare, attraverso il medesimo procedimento, figure e parole.Max Ernst - collage Lo scopo è di ottenere un oggetto nuovo dalle trasformazioni a cui sono sottoposti gli elementi di partenza e provocare anche in musica l’«estraniamento surrealista», in cui l’insolito si può manifestare attraverso forme conosciute. [https://www.youtube.com/watch?v=q61o6OYnxlY]

Nel 1945, Souris opporrà alla scrittura musicale un’arte a immagine della vita: la scrittura musicale ha dato vita ad una nozione del tutto astratta della musica, favorendo la subordinazione dell’esecuzione e la separazione tra il compositore e l’esecutore. Per Souris, inoltre, la scrittura musicale è riduttiva rispetto all’interpretazione perché è adatta ad annotare solo pochi particolari, trascurandone molti altri di cui, a poco a poco, si perde la memoria. Souris auspica una musica che sia “fatta di suoni e non di segni” e prende ad esempio l’improvvisazione jazz, che permette di ritrovare il “lirismo frenetico delle origini”, in cui la musica prende corpo a partire dal materiale sonoro stesso ed esiste per l’impetuosità che comunica (Arfouilloux S., 2009). Ricerche parallele in ambito teatrale avevano condotto, sempre nell’ambiente surrealista, a risultati analoghi: nel 1938, con il “teatro della crudeltà” Antonin Artaud (2000) intendeva mettere fine al dominio della parola scritta da un autore/creatore assente dalla scena e, quindi, non partecipe del processo emotivo attivato dallo spettacolo. Per lui questo era il punto vulnerabile del teatro occidentale, che riconosce le proprietà e le virtù di linguaggio solamente alla parola scritta.Antonin Artaud

I motivi del rifiuto della musica da parte di Breton sono sempre rimasti piuttosto oscuri. François – Bernard Mache (1975) ha creduto di ravvisarli nel fatto che Breton considerasse la musica un’arte che confonde la realtà con l’immaginazione e che, nonostante i suoi millenni di storia e la sua potenza ancestrale, non avesse compiuto una rivoluzione in senso surrealista. Ma se Breton prende le distanze dalla musica strumentale, è provata, invece, la sua sensibilità nei confronti della musicalità della poesia, che esprime per mezzo di immagini prese a prestito proprio dal campo della percezione sonora (Arfouilloux, 1997). Nel 1933, scrive: “Ritengo […] le ispirazioni verbali infinitamente più ricche di senso visivo, più infinitamente resistenti all’orecchio che non le immagini propriamente dette. Da qui la protesta […] contro il cosiddetto potere «visionario» del poeta. No, Lautrémont, Rimbaud non hanno visto, non hanno goduto a priori di ciò che descrivevano, ma si limitavano, tra le cupe quinte dell’essere, a udire parole indistinte, mentre scrivevano, senza comprendere meglio di noi quando li leggiamo la prima volta, certi lavori incompiuti o da compiere” (Breton A., 1983, p. 136). Due anni dopo, affronterà di nuovo l’argomento in Posizione politica del Surrealismo, chiamando in causa Sigmund Freud, il quale – secondo Breton – sosteneva che possiamo portare alla (pre)coscienza degli elementi repressi, ristabilendo col lavoro analitico quei membri intermedi preconsci che sono i ricordi verbali. “Ora, queste rappresentazioni verbali, che Freud ci definisce come delle ‘tracce mnemiche provenienti principalmente dalle percezioni acustiche’ sono precisamente ciò che costituisce la materia prima della poesia” (Breton A., 1966, pp. 158-59).

È il 1944 quando Breton torna sul tema per rispondere alla richiesta di una rivista americana, “Modern Music”, di scrivere un testo sulle relazioni tra la musica e la poesia. Contrariamente a quanto farebbe pensare il titolo, Silence Is Golden, l’articolo rappresenta una sorta di atto di riparazione al ventennale rifiuto della musica da parte dei surrealisti francesi. Orfeo solitario (De Chirico)Prima di ribadire il concetto – già espresso in altre occasioni – che “i grandi poeti sono stati degli «auditivi», non dei visionari” e che la poesia non si può concepire fuori dalla musica e dalla musicalità, Breton espone e fa propria la gerarchia delle arti proposta da Hegel, “per cui la musica per la sua attitudine a esprimere le idee e le emozioni viene immediatamente dopo la poesia e prima delle arti plastiche”, e si dichiara “persuaso che l’antagonismo tra poesia e musica non debba essere sterilmente deplorato”, ma, al contrario, debba condurre, dialetticamente, ad una sintesi. “La musica e la poesia hanno tutto da perdere a non riconoscersi una matrice e un fine comuni nel canto, a permettere che la bocca di Orfeo si allontani ogni giorno un po’ di più dalla lira di Tracia. Il poeta e il musicista degenereranno se insisteranno ad agire come se queste due forze non dovessero mai più ritrovarsi”. Bisogna volerle ri-unificare e questa fusione non potrà essere ottenuta che “a temperatura emozionale molto alta”, ad un “punto supremo d’incandescenza”.

L’«anatema» contro la musica, scagliato da Breton nel 1925, è finalmente annullato.

 

BIBLIOGRAFIA

Arfouilloux S. (1997), La musique dans trois poèmes surréalistes, in “Mélusine. Cahiers du Centre de Recherche sur le Surréalisme”, n° XVII.

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Breton A. (1944), Silence Is Golden, in “Modern Music”, vol. XXI, n°3.

Breton A. (1966), Manifesti del Surrealismo, Einaudi, Torino.

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Dècina Lombardi P. (2002), Surrealismo 1919-1969. Ribellione e immaginazione, Editori Riuniti, Roma.

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Souris A. (1927, janvier), Lettre à Nougé, in “L’Adieu à Marie”.

Souris A. (1934), Le Fil d’Ariane, in “Documents 34: Intervention surréaliste”.