Tutti i colori della fisarmonica

Intervista a Leonardo Monopoli

313

Leonardo MonopoliQuello con Leonardo Monopoli è stato un altro dei felici incontri fatti lo scorso 10 dicembre, nel corso della serata che il Festival di Nuova Consonanza ha dedicato alla fisarmonica. Ascoltare Quartetto Eolico, restarne affascinato e proporre un’intervista al suo autore è stato un tutt’uno. Ed eccolo, allora, il frutto di quella conversazione…

Partiamo dalla tua formazione musicale. Hai studiato pianoforte, canto, organo e composizione nei conservatori di Frosinone, L’Aquila e Roma, ti sei perfezionato in musica antica e basso continuo, ma hai collaborato anche al progetto Atom Heart Mother di Piero Gallo e al tributo ai Queen. Hai partecipato come tastierista in diverse band e hai scritto musiche di scena per il teatro e per la danza. Tutte queste competenze ed esperienze così diverse convergono nella tua musica? E, se sì, come?

Tutte queste esperienze ovviamente convergono nella mia musica, tuttavia alcune sono solo frutto di un’immensa curiosità per qualsiasi cosa che mi circonda (che sia di interesse artistico, scientifico o letterario). Quindi, prima di trovare la mia strada mi sono cimentato e ho studiato ogni cosa che mi destasse interesse, anche in altri ambiti (tra cui anche elettronica nella facoltà di ingegneria). Nel tempo, ho abbandonato tutto per concentrarmi principalmente sulla composizione e sull’organo (solo a livello concertistico) poiché sono le strade dove sento che riesco a dare il meglio e che più mi soddisfano. Tutte le esperienze passate mi hanno donato una “cassetta degli attrezzi” ben fornita che mi dà un senso di libertà importante e fa sì che io possa affrontare qualsiasi nuovo progetto con uno sguardo più ampio e da punti di vista differenti.

Anche i riferimenti letterari di due tuoi brani sono davvero distanti tra loro: Le mille e una notte per Il principe-schiavo alla regina Margiana per coro SATB e il Majakovskij di S’io fossi per Soprano e Orchestra. A che cosa si devono queste scelte?

Sono un appassionato lettore e leggo principalmente letteratura contemporanea o della seconda metà del Novecento. Ogni tanto, capita di inframmezzare qualcosa di epoche precedenti, in particolare sono sempre stato affascinato dalla letteratura russa che va dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento, e per quanto riguarda la poesia, Majakovskij è uno tra i poeti che preferisco, in particolar modo trovo che la poesia che ho usato per quel brano sia un capolavoro (portata al massimo della bellezza nell’interpretazione di Carmelo Bene). Era da qualche anno che stavo cercando il modo per poterla utilizzare iniziando diversi progetti finché ho trovato quello che più mi convinceva. Invece, il brano per coro è stato scritto per il concorso Pasolini 2022 e mi è valso il premio al finalista più giovane; il brano doveva essere ispirato a Pasolini e ho cercato di affrontare la sua estetica attraverso un testo tratto dall’edizione integrale delle Mille e una notte che secondo me esprimeva al meglio l’ideale estetico pasoliniano, o almeno ciò che significava per me la sua opera.

Anche nella tua musica percepisco molto la presenza del Novecento, senza barriere di “genere”: da Stravinsky (quello dei balletti, in particolar modo) al George Martin della colonna sonora di Yellow Submarine (che considero un capolavoro). Quali sono i tuoi punti di riferimento musicale del cosiddetto “secolo breve”?

In primis c’è sicuramente Petrassi, ho sempre cercato di studiarlo al meglio, di carpirne i segreti formali e orchestrali e in più mi sento vicino a lui sia a livello di formazione (cantore nel coro, diploma in organo e poi in composizione) che riguardo le origini poiché anche io provengo dai Castelli Romani. Stravinsky e Bartok sono altri due compositori da cui ho attinto molto e infine Donatoni e Ligeti che reputo la perfezione.

E per quanto riguarda la musica antica?

Beh, trovo un’immensa vicinanza con la musica contemporanea, almeno per quanto riguarda alcuni maestri del passato e la loro idea di musica. Quello che vado a cercare, però, da un lato riguarda l’aspetto esecutivo filologico e di conoscenza del contesto che ha portato a concepire l’opera in quel modo, utilizzando un determinato tipo di tecnica, determinati strumenti, determinati temperamenti, ecc., dall’altro lato cerco di trovare il modo per rendere contemporanea un’esecuzione, rinunciando, quindi, a determinati cliché filologici per utilizzare concezioni applicate a strumenti moderni.

Sei molto giovane e, da quanto ho potuto vedere nel tuo catalogo, i tuoi lavori si concentrano nel 2022. Un anno particolarmente ricco di committenze oppure è stato altro a spingerti di più verso la composizione? Che so… un evento che abbia stimolato la tua creatività…

Semplicemente, nei lavori precedenti c’è sempre qualcosa che non mi piace o non mi convince del tutto perché erano comunque lavori fatti durante gli studi e quindi prima di darli alla luce necessitano sicuramente di una rimaneggiata.

Ascoltando alcuni dei tuoi brani, mi sembra di aver colto una certa sensibilità nei confronti delle percussioni (anche le meno consuete di questa classe di strumenti) e degli ottoni; verso, quindi, una particolare potenza sonora…

In realtà preferisco le dinamiche sommesse ma ricche di spessore e noto che in orchestra alcuni ottoni e alcune percussioni siano perfette per i colori che cerco; poi, ovviamente, le sfrutto al massimo soprattutto quando ho bisogno di potenza sonora.

Quali particolari potenziali espressivi degli strumenti ti piace esplorare più di altri?

Quelli particolari dal potenziale ancora inespresso che sono poco utilizzati nella letteratura più comune; credo che nella lentezza io riesca a esplorarli al meglio. Quindi il colore, la purezza e la qualità del suono convergono in sfumature e minuzie che, senza fretta, pervadono l’ascoltatore.

Veniamo a Quartetto Eolico. Nuova Consonanza ti ha commissionato un brano per il suo Festival 2022, in particolar modo per la giornata del 10 dicembre dedicata alla fisarmonica da concerto. Tu hai scritto questo pezzo per quattro fisarmoniche, eseguito in prima assoluta da Fabrizio Causio, Stefano di Loreto, Riccardo Pugliese, Umberto Turchi. Quanto conoscevi già il nostro strumento? Ti ha sorpreso questo incarico?

Ne ero entusiasta, la fisarmonica è tra gli strumenti più versatili e ricchi di colori ed effetti. L’ho ascoltata varie volte in concerto in tutte le sue vesti, dalle trascrizioni di pezzi organistici di Bach e Frank (ascolti non solo goduriosi per la bellezza che riesce a tirare fuori in quel repertorio, ma anche estremamente utili per me per capire come rendere più espressivi all’organo quei brani) al jazz e, ovviamente, al repertorio contemporaneo.

Come ti sei preparato per affrontare questo “compito”? Hai ascoltato autori contemporanei che avevano composto per fisarmonica? Se sì, quali?

In passato avevo già scritto per fisarmonica mettendola all’interno di un ensemble inusuale, ma non ne sfruttai a pieno le sue potenzialità, quindi quel brano ora si trova nell’archivio dei brani da rimaneggiare. Per scrivere il Quartetto Eolico ho voluto ricominciare da zero, quindi ho rispolverato gli studi di tecnica dello strumento, un saggio che avevo di Battiston sulla fisarmonica da concerto e poi sono passato a studiare per bene gli spartiti dei brani di Berio, Sciarrino, Donatoni, Gubajdulina, Lindberg e Rojac. Così, in linea di massima, ho compreso quello che questo strumento, da solo, potesse offrirmi e quindi ho iniziato a cucire una veste per il quartetto.

La tua profonda conoscenza dell’organo è stata utile per affrontare la fisarmonica?

Probabilmente sì per la questione dei registri e delle diverse trasposizioni di ottava che alcuni di essi permettono o per altre questioni di durata del suono e tipi di legato che sono più vicini all’organo piuttosto che al pianoforte, ma credo comunque che siano questioni che con qualche domanda qualunque compositore possa comprendere.

È naturale che un compositore si confronti con il concertista che eseguirà il proprio brano. In questo caso, ciò è avvenuto con tutti o solamente con un loro “portavoce”?

Il confronto è avvenuto inizialmente solo con un musicista ma poi ho avuto modo di conoscere gli altri durante le prove generali nei giorni precedenti al concerto.

Il fatto che tu e i quattro concertisti apparteniate alla stessa generazione ha favorito la collaborazione?

Probabilmente sì, ma credo soprattutto che sia stato per il loro piacere e la loro voglia di suonare il repertorio contemporaneo. Devo dire che loro sono persone eccezionali e musicisti impeccabili. Da loro ho imparato molto e il mio brano non lo hanno solamente eseguito, ma lo hanno interpretato e reso vivo.

Scrivere per quattro fisarmoniche richiede sicuramente un impegno complesso; ancora di più per chi, come te, non è un fisarmonicista. In quale relazione hai messo i quattro strumenti e qual è il ruolo che hai affidato a ciascuno di essi? Ho notato, per esempio, che il brano inizia con una serie di soffi, di aria, trattata con una sorta di configurazione ritmica, che passa attraverso i quattro strumenti. Quest’aria, poi, diventa suono e anche gli eventi sonori si muovono circolarmente attraverso le quattro fisarmoniche…

La mia concezione generale della musica è di dialogo o di polifonia, questo fa sì che non dia mai una rilevanza o importanza maggiore a uno strumento o a una voce di un tessuto contrappuntistico. Ogni parte è necessaria e ogni piccolo particolare è fondamentale per il tutto. Per ciò che riguarda questo brano l’idea era stata di fondere le quattro fisarmoniche in un unico strumento; omaggiando Bertoncini ho cercato di scolpire un “oggetto eolico”. Per farlo mi sono divertito molto a scrivere quel contrappunto iniziale caratterizzato dal suono dell’aria che piano piano prendeva intonazione.

Quali caratteristiche della fisarmonica ti hanno colpito in particolar modo?

La cosa concettualmente più lontana dal mio strumento, ovvero il poter abbassare la nota prima di voler fare uscire il suono. Ovviamente, si può pensare che anche l’armonium possa avere una tecnica del genere, ma la qualità di suono che possiede la fisarmonica in questo contesto non è raggiungibile dall’armonium. Inoltre mi ha affascinato l’immensa gamma timbrica e dinamica, per non parlare poi del range di altezze; è sorprendente come in uno strumento così contenuto si possa arrivare a note molto gravi che però mantengono una qualità sonora ottima.

Tornerai a lavorare sul nostro strumento?

Certamente, c’è ancora tanto da esplorare da parte mia, in particolar modo da solista o in relazione con pochissimi altri strumenti. Soprattutto, ho già in progetto un duo con un altro strumento che reputo perfetto a livello di amalgama sonora ma di cui non esiste (o almeno non ne ho trovato) alcun repertorio, ma solo trascrizioni. Vi lascio con questa suspence sperando di potervelo far ascoltare entro la fine dell’anno.

Saremo felici di scoprirlo e di riparlarne con te. Le prossime tappe del tuo percorso di compositore? Al di là della fisarmonica…

Approfondire e saper usare al meglio l’elettronica, un ramo in cui mi sento ancora molto goffo, ma che reputo essenziale per un compositore al giorno d’oggi.

E come concertista? Continuerai a esibirti in pubblico?

Come solista la vedo sempre più difficile, sia perché in un raggio di quindici/venti chilometri da dove abito non esiste un buon organo su cui studiare e sia per altri motivi più spinosi. Invece come continuista sicuramente, con il mio gruppo abbiamo molti progetti e c’è un grande affiatamento.