Il Muro del Canto

Mamma Roma e altre storie

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Noi semo svergognati e miscredenti
E ar Paradiso nun c’avemo santi
C’avemo er pane senz’avé li denti
E chi comanna faccia i testamenti

Fiore de Niente

 

Il Muro del CantoIl nome è in evidente assonanza col Muro del Pianto di Gerusalemme. Un semplice gioco di parole che “nel tempo” – dice il batterista Alessandro Pieravanti – “si è rivelato molto in linea con noi che suoniamo tutti predisposti in fila, come a formare un muro: il nome giusto per dare un’idea di solidità e di musica”. Nell’arco di un decennio il Muro del Canto si è costruito una solida reputazione sonora con il suo stile a metà fra la tradizione popolare (soprattutto romanesca) e il rock. Accanto alle melodie intrinsecamente folk della fisarmonica (usata però con la disinvoltura di uno strumento elettrico), montano i toni dark, le ballate desertiche, le orchestrazioni alla Morricone e una produzione che spesso occhieggia sfacciatamente al funk (grazie al geniale e spregiudicato Tommaso Colliva dei Calibro 35, che nel 2013 mixa il secondo album del gruppo, Ancora ridi).
Il Muro canta storie d’amore, morte e tradimento. Racconta l’infanzia, il carcere, la periferia, la rabbia, e una Roma anticlericale che per certi versi ricorda i film di Gigi Magni. È una modernità che dichiara le sue radici antiche. Di questo e di altro abbiamo parlato con Alessandro Marinelli, membro fondatore del gruppo e maestro di fisarmonica.

Nel 2010 il vostro primo singolo, Luce mia. Nel 2011 il Premio Stefano Rosso per il brano E intanto il Sole si nasconde. Nel 2012 il primo album, L’ammazzasette. Come nasce e come si sviluppa il progetto del Muro del Canto?

Il progetto del Muro del Canto nasce nel lontano settembre del 2010 quando venni contattato da un amico di vecchia data, Daniele Coccia (voce e autore dei testi, N.d.R.) per inserire la fisarmonica in una canzone che all’epoca aveva solo gli accordi. Ci incontrammo a casa sua per una prima bozza del brano, che poi divenne il primo singolo, Luce Mia, appunto. Di lì a poco si inserirono nel gruppo Alessandro (Pieravanti), Eric (Caldironi, chitarra acustica e pianoforte) Giancarlo (Barbati Bonanni, chitarra elettrica, oggi solista col nom de plume di Giancane) e Ludovico (Lamarra, al basso elettrico). Subito capimmo di essere uniti come una famiglia, un collettivo pieno di argomenti, di idee, di cose da dire…

Nella vostra musica confluiscono molte ispirazioni differenti: la tradizione romanesca, il rock, certi echi western, perfino. Quali sono le vostre fonti musicali? E come fate a… mettere insieme tutto?

Sì, abbiamo influenze molteplici ed estremamente variegate. Io per esempio ascolto molto metal, rock e prog degli anni Settanta: i miei gruppi preferiti sono Led Zeppelin, Pink Floyd, Queen, Pfm, Le Orme… Diciamo che tutti insieme formiamo un enorme calderone di attitudini e ispirazioni diverse, molto spesso ci scontriamo per questo. Discutiamo e discutiamo… Però, sai, quando sei tra gente tua, trovi sempre il modo di ricomporre il tutto, la soluzione per cui ogni cosa finisce al suo posto arriva ogni volta. E sempre al momento giusto.

Il Muro del CantoLa tua fisarmonica, Alessandro, suona quasi come una chitarra… Mi racconti il tuo approccio così particolare allo strumento?

È cominciato tutto grazie ai miei genitori che volevano proseguissi la tradizione di famiglia (mia nonna e il mio prozio sono fisarmonicisti). Ho iniziato a studiare a sei anni con un insegnante privato e proseguito fino ai quattordici. Ci ho messo un po’ a trovare il mio feeling con lo strumento. Ricordo ancora che, più che dalla tecnica, ero incantato dai meccanismi che permettono alla fisarmonica di coprire il suo sorprendente spettro musicale (una fascinazione che tutt’ora mi porto dietro!). Nel tempo ho finito per seguire una strada più personale, più… distaccata e libera verso quello che potrebbe essere considerato l’uso canonico dello strumento. Prima di arrivare al Muro del Canto, ho collaborato con alcuni gruppi rock interessati a sperimentare la fisarmonica all’interno di un contesto non… ortodosso, diciamo.  Ho capito che era proprio in queste situazioni irregolari che riuscivo a esprimermi come desideravo.

Le vostre canzoni sono spesso storie “d’amore e di coltello”, raccontano una romanità antica, trasteverina, ma anche la rabbia – attualissima – della periferia. Rugantino e Pasolini, insomma. Come componete queste storie?

In molti ci chiedono da dove arrivino i testi, qual è il senso… In realtà cerchiamo di scrivere cose senza tempo, perdendo ogni riferimento cronologico. O meglio, mettendoci dentro tutto: tutto ciò che viviamo ogni giorno, ciò che abbiamo vissuto in passato, le speranza e pensieri per quello che possiamo definire futuro

Qual è il vostro rapporto con la tradizione popolare?

Personalmente è molto profondo, mio padre ascoltava tanta musica romana, ho dischi originali di Gabriella Ferri, Romolo Balzani e altri… Per noi è una sorta di base, uno spunto per un suono nuovo che non ha paura di confrontarsi col rock e con le sonorità più underground.

Il Muro del CantoNon molto tempo fa si è tanto polemizzato intorno alla serie tv di Zerocalcare, Strappare lungo i bordi, e alla comprensibilità del romano. Voi cantate in dialetto e suonate molto sia in Italia che all’estero. Come reagisce il pubblico?

Nei primi tour ce lo chiedevamo anche noi: ci capiranno? Ci seguiranno o ci fischieranno? Be’, dopo undici anni di attività, posso dirti senza tema di smentita che il romano è quasi una lingua universale e che le persone da ogni dove cantano e vivono i nostri testi senza problema.

Vi siete distinti fin da subito anche per il vostro impegno sociale. Nel 2012 avete partecipato a un concerto dentro il carcere di Rebibbia, il brano Figli come noi è dedicato “alle vittime di malapolizia”, nel 2016 avete registrato con gli Assalti Frontali Il lago che combatte, canzone dedicata al laghetto dell’ex SNIA – Viscosa, nel quadrante orientale di Roma, nato per caso durante i lavori di costruzione di un parcheggio interrato e oggi divenuto monumento naturale… Mi racconti tutte queste esperienze?

Ci aggiungo anche un live al carcere di Regina Coeli che ci ha molto toccato a livello emotivo, tutta la questione della condizione dei detenuti è una cosa a cui siamo particolarmente sensibili… Quanto al resto, be’… è difficile trovare le parole… Posso dirti che per noi è stato un onore condividere queste esperienze, ma soprattutto riuscire ad arrivare alle orecchie di tante persone…

 

DISCOGRAFIA

Il muro del canto (autoproduzione, 2011)
L’ammazzasette (Goodfellas, 2012)
Ancora ridi (Goodfellas, 2013)
Fiore de niente (Goodfellas, 2016)
L’amore mio non more (Goodfellas, 2018)

 

LINK

http://www.ilmurodelcanto.com/
http://www.goodfellas.it/