L’indissolubile legame fra Italia e Argentina

L’amore di Maxi Manzo per la famiglia manifestato in musica

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Maxi Manzo (foto di Mati Long)Maxi Manzo è un raffinato cantante, chitarrista e compositore italo-argentino che, attraverso i suoi brani originali, inneggia all’estasiante bellezza dell’Italia e dell’Argentina, due nazioni di cui lui è perdutamente innamorato soprattutto per via di un viscerale legame con la sua famiglia. Freschissimo di pubblicazione, a proposito di ambito familiare, ecco la sua nuova creatura discografica intitolata El Vestido de Dora, un toccante e caloroso omaggia a sua nonna Dora, abruzzese, alla quale lui ha voluto dedicare un album in cui racconta alcune esperienze molto profonde che questa donna ha vissuto nel corso della sua esistenza.

Da sempre, c’è un legame profondo e indissolubile con le tue origini italiane, soprattutto attraverso lo studio della musica popolare, tanto da essere protagonista negli ultimi dieci anni di svariati progetti che creano un ponte ideale volto a collegare l’Italia e l’Argentina, l’altra metà di te. Dal punto di vista stilistico, che tipo di ricerca hai effettuato per dar vita a questa interessante fusione?

Il mio legame con l’Italia nasce con la mia famiglia, visto e considerato che i miei nonni hanno origini italiane. Nella mia casa, in ogni festa, in ogni compleanno, in ogni evento, respiro sempre aria di musica e la vivo da vicino, in modo particolare, anche attraverso i canti dialettali, attraverso la voce di mio nonno, nei semplici eventi in cui ci si riunisce per un bel pranzo. Negli ultimi quindici anni mi sono dedicato ad approfondire la cultura dei miei antenati, sia per quanto riguarda l’aspetto musicale, sia per ciò che concerne le tradizioni popolari italiane. Sicuramente questo mi ha permesso di approfondire la mia vocazione per la musica e anche per la comunicazione. Così ho iniziato a ricercare il mio personale stile musicale e, dopo tanti anni, sono giunto alla conclusione che esso si mescola alla musica del mio Paese di origine, l’Argentina (folklore, musica sud americana o rock nazionale) e a quella dell’Italia (musica popolare italiana e cantautorato italiano). Certamente il mio stile si basa su un arricchimento frutto della collaborazione che ho stretto con vari artisti italiani e argentini, molti dei quali sono stati i miei veri ispiratori.

Nel 2021 sei vincitore del premio “Dean Martin” in veste di cantautore italo-argentino. Questo evento è organizzato dall’omonima fondazione con il contributo del Comune di Montesilvano e il patrocinio del Consiglio Regionale Abruzzese, della Provincia di Pescara e del CRAM. Come hai vissuto, soprattutto sotto l’aspetto emozionale, l’esperienza di questo importante riconoscimento artistico?

È stato molto emozionante, perché è stata la prima presentazione presenziale post pandemia. Tutto è avvenuto in un momento particolare della mia vita, in cui ho deciso di cambiare rotta, stabilendomi in Italia per un tempo prolungato. Questo, in vista di un nuovo inizio che aveva a che fare con la realizzazione di un docufilm, il cui obiettivo è stato quello di raccontare il legame e il vincolo relazionale che esiste tra Italia e Argentina. Quando ho ricevuto il premio ho avuto l’opportunità di cantare il singolo del mio album El Vestido de Dora – ed è stato in quel momento che ho realizzato che quello sarebbe stato un vero e proprio inizio per me. Difatti, si sono aperte nuove porte, nuove opportunità a livello sia lavorativo che umano. Ho potuto conoscere molte persone che hanno iniziato a supportare il mio progetto e a realizzare varie collaborazioni. Tutto questo ha fatto sì che intraprendessi una crescita esponenziale in poco tempo. Nella serata in cui ho ricevuto il premio, la direttrice del festival Alessandra Portinari mi disse che quel riconoscimento mi avrebbe portato fortuna. Oggi, finalmente, posso dire con fermezza che è stato così.

Nel 2022 vinci anche il premio “Flaiano” di italianistica Sezione Under 35 “Luca Attanasio” con il progetto “El Vestido de Dora”, un premio promosso e organizzato dalla fondazione “Edoardo Tiboni” e dall’associazione culturale “Ennio Flaiano” in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e con gli Istituti Italiani di Cultura all’Estero. Qual è il mood e quali sono le principali caratteristiche di questo progetto musicale e documentario?

In questo progetto ho voluto raccontare attraverso immagini personali della mia famiglia e tramite interviste effettuate a varie persone – quello che è il vincolo indissolubile che esiste tra Italia e Argentina – e come quest’amore per una terra così lontana possa essere realmente trasmesso ai discendenti dei migranti (quali figli, nipoti e via discorrendo). Nel documentario ci sono due fili conduttori: la musica e il ballo che si condividevano in famiglia, dove i protagonisti facevano in realtà altri mestieri – e canto e ballo erano per loro passioni che servivano da “filo comunicante” per relazionarsi con i familiari, vivendo così in maniera tanto appassionata l’arte della musica. Questo li faceva sentire più vicini alla loro terra.

El vestido de DoraApprofondendo il tuo progetto, il singolo El Vestido de Dora è un omaggio alla tua nonna abruzzese Dora, ispirato alle sue storie di vita fra racconti di paese, infanzia, natura e canti popolari. Nello specifico, quale è il fil rouge che caratterizza questo brano

Nonna Dora era una giovane italiana degli anni Cinquanta, del Centro Italia, che all’età di nove anni ci racconta la vita nel suo paese, la sua infanzia tra gli alberi e le canzoni popolari, i momenti in cui percepiva che il suo destino stava per essere segnato da un grande viaggio in nave, verso una terra sconosciuta, in un mare sconosciuto e con a bordo molti stranieri. L’inizio di una vita che prende una piega inaspettata a causa dei giochi di destrezza del mondo. Attraverso il brano, la cui clip è stata tra l’altro girata in Italia, ho deciso di compiere una sorta di atto di “psicomagia”, dove l’anima di Dora torna nella sua terra, ormai divenuta donna, con un vestito nuovo, un vestito che non aveva nella sua infanzia. Nella clip Dora è interpretata dalla famosa attrice e ballerina italiana Lucia Scarabino. È stato in questo modo che sono riuscito a guarire una parte importante del mio albero genealogico.

L’album, invece, è un fascinoso melting pot di sonorità sudamericane che si coniugano amabilmente con elementi tipici della tradizione popolare salentina, come ad esempio la pizzica. Inoltre, nel CD figurano il direttore musicale Julián Gándara e due musicisti italo-argentini che hanno ulteriormente impreziosito il tuo lavoro: Leo Zaniratto e Walter Mainetti. Per quanti riguarda l’arrangiamento, che contributo hanno portato questi due artisti?

Tenendo in considerazione il singolo, posso dire che ho voluto utilizzare un ritmo particolare con l’impronta di un carnavalito o huayno boliviano, visto che sono tra i primi ritmi che apprendiamo in Argentina. Verso la parte finale c’è un tocco di tarantella o pizzica salentina che sicuramente è un ritmo che si avvicina a quello che mia nonna ballava durante la sua infanzia. Julián Gaándara è un artista a 360° come musicista, interprete e direttore musicale – e nella sua carriera ha collaborato con molti artisti conosciuti nella sfera nazionale argentina. Per me è un orgoglio averlo avuto come direttore e produttore artistico di questo album, che fa parte della colonna sonora del mio documentario, perché anche con la sua capacità esecutiva ha saputo coniugare tutti i miei gusti musicali (italiani e argentini). Zaniratto e Mainetti sono due amici con i quali ho condiviso i miei ultimi progetti in Argentina – e sono stati di fondamentale importanza nell’aiutarmi a comporre nuovi brani.

Il CD prevede tue composizioni originali più una cover riarrangiata: Ma il Cielo è sempre più Blu dell’indimenticabile Rino Gaetano. Questo celebre artista ha influenzato notevolmente il tuo percorso di ricerca da cantautore?

Rino Gaetano è stato l’artista che ho seguito di più nei miei anni di ricerca sulla musica italiana, perché nei suoi testi, o comunque nel suo modo ironico di raccontare la quotidianità, ho riscontrato un parallelismo con i cantautori degli anni Settanta e Ottanta dell’Argentina che, come lui, hanno influenzato la mia carriera.

Nei prossimi mesi pensi di “esportare” dal vivo “El Vestido de Dora” anche all’estero?

Sì, inizio un tour in primavera che avrà luogo nelle maggiori città dell’Argentina. Successivamente continuerà in Italia nel periodo estivo e sicuramente continuerà negli ultimi mesi dell’anno in altri Paesi dell’America Latina, come Bolivia e Venezuela.

 

(Foto di Mati Long)

 

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