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L’importanza dell’affetto del pubblico per Natalino Marchetti

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Natalino Marchetti - PH Domenico StefaniFisarmonicista dal playing cantabile, dallo spiccato senso melodico, Natalino Marchetti è un musicista assai sensibile, molto rispettoso e grato verso tutti coloro che lo apprezzano artisticamente e umanamente. Per lui il calore del pubblico che assiste ai suoi concerti è di vitale importanza. In questa intervista racconta il suo percorso umano e professionale, ripercorrendo le tappe più importanti della sua attività artistica.

Grazie al tuo talento, nel corso della tua carriera hai ricevuto svariate gratificazioni assai prestigiose. Ad esempio, sei stato nominato come uno tra i migliori fisarmonicisti a livello mondiale nell’“Accordion and World’s Best Contemporary Accordionists”, hai ottenuto il Premio Bonifacio VIII «Per gli alti meriti raggiunti nel campo della propria attività e per le alte doti professionali, umane e sociali dimostrate», ma soprattutto di recente, riconoscimento al quale sei particolarmente legato, il calco in oro della tua mano destra conservato nel “Museo Internazionale delle Impronte dei Grandi della Fisarmonica” a Recoaro Terme. Sotto l’aspetto artistico e umano, come descriveresti queste esperienze per te così significative?

Inutile mentire, i premi e i riconoscimenti fanno immensamente piacere soprattutto quando arrivano dopo una vita di studio. Rappresentano, secondo me, lo specchio del sentire collettivo nei confronti di quello che fai. Vuol dire che quello che hai dato, lentamente, comincia a tornarti indietro in termini di riconoscenza, gratitudine e affetto. Intendiamoci, non sono solo i premi ufficiali che mi gratificano, ma anche le tante testimonianze quotidiane da parte delle migliaia di persone che mi seguono sui social. Tutto questo affetto e stima da parte delle persone sono un grande privilegio per me.

Durante il tuo ricco percorso professionale, hai fatto anche incetta di premi in concorsi nazionali e internazionali, fra cui quello di “Città di Castelfidardo”, il trofeo mondiale “CMA” e la coppa mondiale “CMA”. I successi riscossi in questi concorsi ti hanno consentito di aumentare sensibilmente la notorietà del tuo nome in ambito fisarmonicistico?

I concorsi sono una grande palestra e una fonte rinnovabile di motivazione allo studio. Li ho frequentati, li ho vinti e consiglierei a tutte le giovani leve di partecipare. Tuttavia l’ambiente fisarmonicistico si presenta talvolta come un ghetto, un circolo chiuso fine a sé stesso che ruota attorno a piccoli e/o grandi interessi che poco hanno a che fare con la musica. Infatti la mia notorietà la devo alla frequentazione di ambienti musicali legati alla musica classica, al jazz di caratura internazionale, che con i concorsi di fisarmonica non c’entrano nulla. Parlare di campioni del mondo, vincitori di coppe con musicisti di livello eccelso che hanno come filosofia della propria arte la collaborazione e l’inclusione risulta quanto meno fuori luogo, se non addirittura strano.

Anche per ciò che concerne i festival internazionali ti sei guadagnato uno spazio assai importante in Italia e all’estero, basti pensare a “Umbria Jazz” (2022), al “Sito Archeologico di Petra” (Giordania), all’Istituto di Cultura Italiano a Lisbona (Portogallo) e altri prestigiosi festival in Colombia e in Germania, solo per citarne alcuni. Fuori dai confini nazionali, che tipo di riscontro hai avuto da parte del pubblico e della critica?

Semplicemente incredibile! Soprattutto in America Latina e in Medio Oriente una popolarità da vera star. Una cosa del tutto nuova per me e inaspettata, ma indubbiamente molto gratificante. Standing ovation, applausi deliranti duranti gli assoli, lancio di fiori sul palco, scorta all’uscita dai teatri, autografi e tutto quello che di solito avevo sempre visto in televisione e pensavo non riguardasse un fisarmonicista, in particolare un fisarmonicista jazz.

Il tuo eclettismo stilistico e le tue qualità fisarmonicistiche ti hanno permesso di calcare il palco affianco a numerosi nomi altisonanti del jazz e non solo come Max Ionata, Javier Girotto, Danilo Rea, Luca Aquino, Gabriele Mirabassi, Peppe Servillo, Mariella Nava, Fabio Zeppetella e moltissimi altri ancora. Quanto queste collaborazioni hanno arricchito il tuo bagaglio artistico?

Ho la fortuna di calcare puntualmente palchi molto importanti dove la fisarmonica spesso non ha accesso. Oramai da tempo collaboro e suono con veri e propri giganti del jazz, gli stessi che io, non meno di dieci anni fa, studiavo e vedevo irraggiungibili. Questo mi rende ogni giorno più consapevole della mia arte e del modo migliore di offrirla al pubblico, perché non basta suonare le note giuste con la giusta intenzione. Bisogna trovare il modo​ di rompere lo spazio e il tempo, far crollare tutte le barriere e arrivare al cuore delle persone. Questo si impara solo condividendo il palco con artisti veri e immensi.

Focalizzando l’attenzione sul tuo strumento, quale modello di fisarmonica utilizzi in studio di registrazione e nei concerti?

Pur non essendo particolarmente legato a nessuna azienda di fisarmonica, senza obblighi contrattuali, suono attualmente un modello particolare della ditta “Victoria” denominato “Victoria Jazz NM”, ovvero Natalino   Marchetti. Ergonomica, leggera, compatta, equilibrata tra i manali e bella da vedere. Il che sul palco non guasta, perché la musica è anche un’arte che si vede.

Tornando alla tua attività, sei anche docente di ruolo in “Educazione Musicale” presso l’Istituto Comprensivo “Alessandro Volta” di Latina. Per ottenere risultati importanti e gratificanti con i tuoi studenti, che genere di rapporto instauri con loro?

La fascia di età riguardante la scuola secondaria di primo grado è uno snodo fondamentale nello sviluppo della personalità. La musica svolge un ruolo importantissimo nell’educazione. In Italia, troppo spesso, si è ancora legati a uno stile di insegnamento vecchio e basato sul mero nozionismo. Io, al contrario, come del resto molti altri illustri colleghi europei, preferisco un approccio allo studio della musica di tipo laboratoriale, che effettui il passaggio inverso dalla pratica alla teoria.  Alla base di tutto c’è il movimento corporeo e la voce attraverso i quali possiamo produrre ritmi e suoni cangianti, variegati. Si tratta di attività molto motivanti e istruttive che i ragazzi accolgono sempre con grande entusiasmo e partecipazione. Poi, una volta motivati, si può “digerire” anche una sonata di Beethoven.

Che progetti hai per il periodo autunnale e invernale?

Sto ultimando gli arrangiamenti del mio prossimo disco con un quintetto d’archi che inciderò per un’etichetta importante. Questo CD conterrà anche due brani con un organico molto più ampio (coro, sezione di fiati, ritmica, chitarre elettriche). Poi ci sono all’orizzonte diversi concerti per festival importanti dei quali, per scaramanzia, non posso anticipare nulla.

 

(Foto di Gian Luca Lulli e di Domenico Stefani)

 

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