Il suono dalla vita, per la vita (2^ parte)

Dalla vita prenatale alla musica

244

Il suono dalla vitaNella prima parte di questo articolo abbiamo visto come l’origine della vita sia radicata nel legame indissolubile con il suono, legame che continua ad arricchirsi di funzioni nel procedere della vita stessa. Per esempio, vediamo come tra i due e i sei mesi, per il bambino si apra il periodo di esplorazione delle possibilità della voce, spesso indicato come “lallazione”: i giochi vocali diventano l’occasione per sperimentare la relazione percettiva tra le sensazioni fonatorie fisiologiche e muscolari e la qualità dei suoni emessi. Si forma il cosiddetto schema vocale, fortemente ancorato al corpo, che insieme allo schema corporeo sarà la base per l’organizzazione delle funzioni dell’orecchio.

Nella relazione di scambio con l’ambiente viene ritenuta determinante la funzione del baby-talk, ossia di quella particolare interazione vocale degli adulti con i bambini. Il baby-talk è una attività “a eco”, strutturata secondo il criterio di ripetizione e variazione: la madre lo usa per interagire con il bambino, ripetendo finché il piccolo non la imita e imitandolo a sua volta in una miriade di microvariazioni. In tutti i baby-talk del mondo sono ravvisati alcuni tratti comuni, familiari ai musicisti, ma riconoscibili da chiunque: la segmentazione, la ripetizione, la semplicità sintattica, la lentezza temporale, la semplificazione e l’amplificazione dei moduli espressivi e dei contorni melodici. Questi elementi, inoltre, trovano esatta corrispondenza a livello della relazione corporea, evidenziando così, ulteriormente, la natura della comunicazione non verbale e il rapporto inscindibile tra il movimento e il suono.

Il criterio ripetizione-variazione, base della musicalità del baby-talk, non è solo uno dei criteri maggiormente utilizzati in musica, ma è anche il principio organizzatore delle sequenze comportamentali e dei primi scambi preverbali che costruiscono l’interazione e la comunicazione sociale tra il bambino e l’ambiente umano.

Di grande rilevanza, inoltre, sembra essere la funzione del principio ripetizione-variazione nella strutturazione del tempo. Poter “dominare” il tempo, prevedere e valutare lo scorrere del tempo è infatti uno dei bisogni fondamentali dell’essere. La ripetizione genera una regolarità che permette al bambino di anticipare il corso del tempo, quindi di dominarlo; la variazione porta con sé, allo stesso momento, certezza e incertezza rispetto al modello iniziale. Il tempo può essere così dominato attraverso una regolarità variata e diversificata: la conferma della presenza di un elemento nel contesto della molteplicità delle sue variazioni, permette al soggetto di individuare punti di riferimento e di costruire la sua identità. La ripetizione crea, inoltre, la tensione dell’attesa del ritorno della sequenza iniziale, come un’attesa di soddisfazione di un desiderio; la variazione fa seguire una distensione più o meno marcata a seconda della differenza col modello iniziale. Si istituisce così un sorta di “tempo originario” nella prima e fondante esperienza della durata, unitamente al rapporto con l’anticipazione dell’esperienza futura e con la perdita dell’oggetto.

Ma non è tutto. Vale la pena di ricordare come nei primi mesi di vita si attivi la cosiddetta “percezione amodale”: quella, cioè, che permette di trasferire l’esperienza percettiva da un canale sensoriale all’altro, attivando le corrispondenze tra i diversi sensi (quindi anche la sinestesia) e la possibilità di riconoscerle. Si costruiscono così modi di sentire non riconducibili alle categorie affettive classiche, ma che, piuttosto, si esprimono in termini dinamici e cinetici, come per esempio il senso di “stati” come fluttuare, svanire, esplodere, crescendo, decrescendo, gonfiarsi, esaurirsi. Questi modi di sentire non dipendono da modalità sensoriali, ma dalla percezione amodale. Sono esperienze e allo stesso tempo categorie intuitive e sensitive primordiali su cui si costruiranno successivamente le emozioni, le forme percepite e identificate, i pensieri; costituiscono le radici della soggettività umana e della creatività.

Tali modi di sentire, definiti anche “affetti vitali”, sono alla base delle cosiddette sintonizzazioni affettive: il neonato scopre verso il settimo mese l’esperienza di condivisione di taluni “stati” attraverso il dialogo corporeo e sonoro, fondato su elementi ben precisi, riconducibili a ritmo, tempo, intensità e forma. Nell’aggiustamento dello scambio interpersonale si ricerca un corrispondente affettivo utilizzando tutte le capacità di trasposizione transmodale. Madre e bambino “si accordano” per entrare in risonanza emotiva l’una con l’altro e condividono gli affetti di vitalità. Una sorta di procedimento che continuerà a far parte dell’esperienza adulta in tutte le fasi e dimensioni della vita, come, per esempio, ciò che si sviluppa nella musica di insieme.

Le implicazioni conseguenti a questo rapporto originario con il suono sono veramente molteplici e complesse. In questa sede ci limitiamo solo a un paio di sintetiche riflessioni: in primis, sulla necessità di non privare l’esistenza dello spazio necessario a vivere la dimensione sensoriale naturale, così come sull’esigenza di ognuno dell’esperienza artistica – musicale in particolare – in tutte le sue forme e i suoi linguaggi; in un contesto più specifico, poi, la riflessione si muove intorno alla consapevolezza che quella sensibilità artistica, comunemente ritenuta privilegio naturale di pochi eletti, in realtà appartiene a ogni essere e merita di essere risuonata, curata, educata, espressa con conseguenze importanti sul piano metodologico.

In estrema sintesi, infine, terremo a mente che la costruzione dell’identità e la struttura delle esperienze affettive e cognitive che regolano la relazione d’interazione e comunicazione si formano nella connessione con il suono: si viene a formare la struttura originaria (una sorta di prototipo) delle esperienze affettive e cognitive future, il cui senso profondo sarà riattivato e rappresentato dalla musica. La musica attiva così una conoscenza che risale alle fasi più arcaiche della vita, richiama la realtà profonda delle strutture cognitive e affettive, gli stati fisiologici e i vissuti emozionali, facendosi portatrice di una conoscenza implicita che appartiene al non verbale e al non concettuale e che non scomparirà per tutta la vita.