“Sei un musicista? Bello, ma di lavoro cosa fai?” Il Rilancio, gli hashtag e la Festa della Musica

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#Anna RollandoLa quarantena è passata e stiamo cercando di dimenticarla, forse (e ribadisco ‘forse’, in fondo come tutti i musicisti sono scaramantica) il virus sta perdendo potenza, la Nazione intera sta cercando di riprendere le forze dopo i danni, davvero ingenti, che tutto questo periodo ha lasciato dietro di sé.
I ragazzi, che per motivi anagrafici reagiscono più velocemente, si sono già accalcati nei bar e nei pub, con le mascherine elegantemente penzoloni, l’aperitivo in mano, il selfie pronto.
I meno giovani – come me – vanno per strada o nei centri commerciali, al ristorante o al parco con la famiglia indossando mascherine come da indicazioni e togliendosele per mangiare, fumare, chiacchierare. Ognuno agisce in base alla propria coscienza e, spero, con la buonafede che tutto stia tornando alla normalità.
Siamo nella fase della Ripresa, quindi: qualcosa riparte tra le polemiche e le contraddizioni, sembra che si possa lavorare, o forse no, o magari sì, ma le indicazioni non sono chiare, o forse bisogna aspettare un momento, ma magari invece…
Siamo confusi, lo ammetto, soprattutto noi che viviamo con la musica.

E il 21 giugno è proprio la Festa della Musica.
Leggo su www. festadellamusicaroma.it :
“ La Musica si può fare in un solo modo: insieme” dedicata a Ezio Bosso.
Il 21 giugno 2020 Roma torna a festeggiare la musica! Musicisti e appassionati – professionisti e soprattutto amatori – sono invitati a festeggiare l’arrivo dell’estate suonando e cantando nelle proprie case, dalle finestre o dai balconi, e mettendo in condivisione la propria performance sui social network con l’hashtag #FDMRoma2020. Nella sua 35esima edizione europea, la Capitale lancia quindi l’esperienza di una Festa della Musica del tutto nuova […]
Anche in questo periodo, che richiede un rigoroso rispetto delle disposizioni sanitarie di contenimento dell’epidemia da COVID-19, la Capitale vuole mantenere lo spirito della prima Festa lanciata in Francia nel 1982 dall’allora Ministro della Cultura Jack Lang: permettere alla musica di diffondersi in tutta la città, per salutare il solstizio d’estate. Un evento che dal 1985, anno europeo della musica, si ripete il 21 giugno in tutta Europa e non solo.
Obiettivo della Festa, che Roma intende raccogliere e rinnovare, è quello di creare un’occasione di partecipazione, celebrazione e condivisione, ispirato anche ai flashmob spontanei avvenuti durante la fase di lockdown.
In questa particolare edizione 2020 la Festa della Musica di Roma avviene quindi nelle case, dalle finestre o dai balconi, e viene diffusa attraverso il web con l’hashtag #FDMRoma2020. Tutto deve svolgersi in modo da rispettare rigorosamente le normative vigenti sul distanziamento fisico, ed evitando ogni tipo di assembramento.
L’edizione 2020 della Festa della Musica di Roma è dedicata al Maestro Ezio Bosso, e si ispira alla Carta dei Principi di Budapest del 1 novembre 1997. […]
Il senso di questa iniziativa, controverso e molto discusso soprattutto tra i musicisti professionisti, ripropone a mio avviso una visione della musica molto naïf, ovvero un ‘moto dello spirito’ estremamente democratico, certo, che può essere esperito da tutti e da tutti messo in atto.
La festa deve avere, secondo i Principi fondativi, caratteristica di gratuità per il pubblico, e deve essere vissuta all’aperto, nelle strade e nelle piazze o in edifici non destinati propriamente a questo scopo, senza intento lucrativo per gli esecutori. Certo, può essere bello per gli studenti, per gli amatori, per i cori parrocchiali, per le bande non professioniste, per le scuole di musica: ma, secondo me, non è luogo per i musicisti professionisti che in questo contesto non dovrebbero prestare la loro professionalità gratuitamente. Non ci deve essere confusione tra professione e manifestazione festosa di stati d’animo: sono due situazioni diverse che vanno valutate con pesi e misure molto differenti, e la cui sovrapposizione per troppo tempo ha creato equivoci e danni.
E per non confondere le due cose, la festa forse dovrebbe chiamarsi in altro modo: la Festa della Musica Amatoriale, per esempio.
Ho ascoltato molti interventi istituzionali in merito: il senso, mi pare di capire banalizzando discorsi pieni di retorica, vorrebbe essere quello di usare la musica come un volano per dare energia agli animi per la ripartenza, e per questo tutti sono invitati a fare musica ovunque e a pubblicarne i video in Rete con l’hashtag della festa.
Lo dico ancora: a mio avviso la musica È per tutti, ma NON siamo tutti musicisti.
Sarebbe come dire che se io avessi la passione di strappare i molari, e lo facessi gratuitamente a casa mia, nessuna legge (forse) me lo potrebbe impedire, ma non diventerei per questo un dentista. E immagino che ci sarebbero ben poche persone disposte a venire da me solo per risparmiare (a questo proposito si potrebbe anche aprire un dibattito piuttosto articolato sulla possibilità e sulla liceità di istituire un Albo dei musicisti, ma non ne parleremo qui adesso).
Così i musicisti professionisti hanno detto di no, la nostra musica non si dovrà sentire alla “Festa della musica” perché non è così che si fa, a caso, da casa, senza competenza, senza preparazione, senza professione. Ed è partita una campagna sui social in cui tutti i lavoratori dello spettacolo hanno diffuso la loro foto con gli hashtag #iolavoroconlamusica e #senzamusica.
Anche io ho fatto la mia parte: la foto con l’hashtag #iolavoroconlamusica era irrinunciabile.
Un po’ per contribuire e veicolare un messaggio che ritengo importantissimo, e un po’ anche, lo ammetto, per vanità: sono certamente orgogliosa di far parte di una numerosa comunità di gente creativa che sa di fare un lavoro incompreso e bellissimo.
Siamo in tanti e tutti diversi: dal direttore di palco al fonico, dal giornalista musicale al costruttore di strumenti, dal musicista classico al rapper, dal direttore d’orchestra all’organizzatore di eventi, dal musicista di banda al gestore di locale, e innumerevoli altre realtà.
Ma il fatto che abbia partecipato non significa che io non sia consapevole di quanto sia utopistico e debole il messaggio che veicoliamo se rimane un hashtag.
Eravamo egoisti, confusi e dispersi prima, perché mai dovremmo risvegliarci, dopo il Covid, coesi, lineari, con intenti univoci, tutti d’accordo e soprattutto con in mente un efficace piano per il rilancio? Non siamo cambiati, non siamo più buoni, non siamo più preparati o generosi o intelligenti.
Ma forse siamo più consapevoli di essere fragili e disorganizzati.
Ed ecco il vero perché degli hashtag: il 13 giugno un coordinamento di artisti e addetti ai lavori ha coinvolto tutti i lavoratori della musica con gli hashtag di cui parlavamo per sottolineare che le soluzioni potrebbero esserci, cominciando a lavorarci con serietà ed attenzione. #senzamusica (perché senza musica non c’è rilancio) e #iolavoroconlamusica, che, va detto, ha avuto un buon riscontro nell’opinione pubblica anche grazie al coinvolgimento di molti personaggi in vista del mondo dello spettacolo, si sono diffusi in un attimo.
Ci sono alcune organizzazioni che nel periodo del Covid hanno provato (con un qualche successo) ad aggregare i musicisti: per esempio da anni lo fanno Note Legali, e l’Imaie (che peraltro ha erogato sovvenzioni agli associati attraverso un proprio Fondo di Sovvenzione per gli Artisti), oltre a numerose associazioni o gruppi che sui social tentano di operare in questo senso.
Qualcosa si è mosso, qualcosa è successo: per esempio i fondi di aiuto per il settore cultura stanziati dal DL Rilancio sono diventati 245 milioni, a fronte degli originari 130 previsti dal DL Cura Italia.
Ma il settore dello Spettacolo in realtà non è stato invitato ufficialmente in prima battuta agli Stati Generali dell’Economia, a riprova del fatto che probabilmente il Governo non ritiene significativo il valore economico e produttivo di un ambito con queste specificità produttive e culturali, e che impiega centinaia di migliaia di lavoratori.
La consapevolezza che lo spettacolo dal vivo è un volano per l’economia e per il turismo forse dovrebbe essere maggiore: per fare un esempio, sappiamo bene che le mete estive di vacanza del pubblico italiano e straniero spesso sono veicolate dagli eventi culturali sul territorio. Ma le piccole e medie imprese e le associazioni che hanno sempre creato festival e eventi spesso non hanno il margine di profitto necessario per gestire un periodo di crisi come questo. Forse il Mibact dovrebbe prenderne atto e correre ai ripari: altrimenti la riduzione del pubblico, a causa dei limiti normativi e dal legittimo timore per la salute, potrebbe portare alla definitiva chiusura di molti eventi che invece hanno animato e dato da lavorare a intere cittadine della penisola.
#Anna RollandoE questo, naturalmente, è solo un esempio tra i mille possibili: abbiamo tutti bisogno di riprendere a lavorare, dai grandi Enti che stanno riaprendo, ai piccoli locali e alle associazioni, oltre a naturalmente tutti i singoli lavoratori.
Ma ci sono molti limiti: non ultimo il fatto che, essendo uscite adesso le norme, per molte realtà è troppo tardi per programmare eventi a breve scadenza, complici anche le limitazioni per lavoratori e pubblico in sala. Ogni Regione, inoltre, ha facoltà di decidere in maniera differente, creando ulteriore confusione.
Il 18 giugno il Presidente dell’Agis è stato ricevuto dal Premier e dal Ministro dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo, per la quinta giornata degli Stati Generali: si è parlato di riforma del settore accompagnata da adeguate risorse, di proroga degli ammortizzatori sociali, di detrazioni delle spese relative ai consumi culturali, di maggiore investimento nella scuola (soprattutto per cinema e teatro) e del ruolo della Commissione europea in tutto questo.
È un inizio, anche se, secondo me, al momento ancora troppo generico.
È stato quindi proposto dal Fas, Forum Arte e Spettacolo, il Pacchetto #Senzamusica – quello dell’hashtag, appunto – che contiene una serie di emendamenti depositati prima in Parlamento ed ora alla Camera dei Deputati, in modo che le istituzioni prendano atto dell’urgenza di riprendere i lavori sul Codice dello spettacolo per una riforma strutturale e complessiva del mondo della Musica, ridando spazio e dignità ai lavoratori e alle realtà coinvolte.
Gli emendamenti del Pacchetto riguardano la tutela dei lavoratori intermittenti dello spettacolo, i professionisti con partita Iva e le imprese: ad esempio il riconoscimento di un’indennità a tutti i lavoratori dello spettacolo fino alla reale ripartenza, o l’estensione delle indennità assistenziali previste per il lockdown, la proroga per il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali, il credito d’imposta del 60% del canone di locazione per i luoghi dello spettacolo fino a settembre, l’inserimento dell’industria discografica ed editoriale musicale all’interno del fondo ex 183comma 2 del DL Rilancio, originariamente destinato alla filiera editoriale, o ancora la non tassazione dei contributi a fondo perduto degli enti locali per il sostegno della ripresa, etc…
È un primo passo importante, a cui molti dovranno seguire: non ultima la riflessione tra i ruoli e le influenze del pubblico e del privato nello Spettacolo – e temo non sarà semplice – ma intanto i lavori sono cominciati e qualcosa si muove.
L’hashtag, che come ripeto da solo non serve a nulla, ha avuto però forse il merito di creare un po’ di attenzione tra l’opinione pubblica e forse tra i musicisti stessi.
Musicisti che hanno anche proposto di tacere completamente per la Festa della Musica.
A mio avviso, però, questa strada non è efficace: purtroppo per noi musicisti il diritto allo sciopero che funziona per tutte le altre categorie non ha valore. Lo dico con realismo e amarezza, ma, a fronte di mille professionisti che tacciono per protesta e si rifiutano di esibirsi pensando di dare un segno del loro disappunto, ci sono altri diecimila professionisti che sperano di ottenere un vantaggio dal silenzio di quei mille prendendo il loro posto e facendosi notare, e altrettanti diecimila dilettanti che non si pongono nemmeno il problema.
Ancora: se io non suono in segno di dissenso, il pubblico non noterà affatto la mia assenza, semmai andrà ad un altro concerto, o ascolterà qualcosa su Youtube (o magari un disco, se ancora ne ha), o si farà una passeggiata o mangerà una pizza. Piuttosto facciamoci sentire all’interno delle manifestazioni, raccontiamo il nostro disagio, organizziamoci e spieghiamo al pubblico che ci segue perché siamo in difficoltà: magari non capiranno, ma almeno ci avremo provato…
È amaro ma è realistico, e non possiamo credere di essere immuni in nome di quella Bellezza che spesso veicoliamo: mi piacerebbe poter dire che il nostro impegno entusiasta e fiducioso avrà successo, ma, sempre a mio avviso, non cambierà nulla se non ci facciamo rappresentare e sentire nelle sedi appropriate. Abbiamo studiato duramente per anni convinti che il nostro valore sarebbe stato riconosciuto al momento giusto: adesso sappiamo che non è così, che non bisogna mai smettere di lottare e soprattutto di renderci conto della realtà che ci circonda e che continua a cambiare.
Aggiungerei anche che è difficile che uno sciopero abbia valore agli occhi dello Stato quando spesso gli obblighi che il “lavoro” comporta sono stati disattesi: quanto lavoro in nero, quante prestazioni al di sotto del minimo sindacale perché “bisogna fare così sennò non si lavora, sai quanti altri prenderebbero il mio posto”, quanta guerra al ribasso pur di soffiare il lavoro ai colleghi, e anche in questo periodo quanti lavori sottopagati “perché bisogna avere pazienza, intanto si ricomincia poi vedremo…”
Lamentarsi quando le cose vanno male è umano, ma non basta a migliorare le cose.
Sembra quasi che siamo i primi a non crederci che stiamo facendo un ‘mestiere vero’ e che abbiamo sudato tutta la vita per poterlo fare: dobbiamo fare un esame onesto di coscienza e cercare di creare un settore più coeso e responsabile possibile, consapevole e preparato.
#Anna RollandoSiamo tutti diversi, competenze e provenienze diverse, abilità e capacità diverse, così come diverse realtà professionali e occupazionali. Gli esempi sono innumerevoli e ogni realtà merita rispetto. Ma dobbiamo pensarci bene e capire che anche se siamo legittimamente tutti diversi, serve essere uguali nel difendere la musica come professione e non solo come afflato dello spirito facendoci rappresentare nei luoghi che possono – e devono – fare la differenza.
Dobbiamo essere rappresentati da professionisti del settore, quindi, da persone preparate che conoscono la legge e le realtà (è un plurale voluto, naturalmente) dei musicisti, che si confrontano con proposte concrete e propongono scenari percorribili, alle medie e lunghe distanze. Perché non dobbiamo solo preoccuparci di sopravvivere oggi (come è legittimo), ma dobbiamo progettare il Domani, tutti insieme e tutti diversi.
E per progettare servono competenze e strategie, e non possiamo gridare tutti a perdifiato la nostra esasperazione pensando che qualcuno raccolga il nostro malessere e gli dia risoluzione: essere rappresentati da organismi di fiducia e preparati è fondamentale.
Ognuno potrà portare la propria esperienza e scegliere l’entità che lo rappresenta maggiormente: stanno fiorendo in questo periodo moltissimi gruppi online che perorano le numerose e tutte differenti cause dei musicisti, e purtroppo ancora c’è chi si schiera per difendere il proprio territorio denigrando quello altrui senza comprendere che, davvero, l’unico modo per sopravvivere è farlo insieme, come la Musica.
Ma piuttosto della frase di Ezio Bosso scelta ad arte per la Festa della musica, io preferirei ricordare quando considerava l’orchestra una forma di società ideale che ha nelle partiture la sua Costituzione: «perché unisce tutti e unisce le singolarità, non le individualità».
Differenti ma uniti. Ce la faremo?

 

Anna Rollando è violista, diplomata al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, e autrice di saggi sul mondo della musica. Recentemente, ha pubblicato Applaudire con i piedi, e Applaudire con i piedi 2, editi entrambi da Graphofeel.
Per Strumenti&Musica ha già scritto un articolo di riflessione sulla musica ai tempi del Coronavirus, CHI (È) SARÀ DI SCENA? Cronache del popolo della musica ai tempi del Coronavirus https://www.strumentiemusica.com/in-evidenza/chi-e-sara-di-scena-cronache-del-popolo-della-musica-ai-tempi-del-coronavirus/