Una dichiarazione d’amore per Domenico Scarlatti

Quattro domande a Sandro Ivo Bartoli su “Domenico Scarlatti. ‘Vivi felice’. Vita e opere di Scarlattino, Cavaliero di san Giacomo”

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Domenico Scarlatti - Vivi felice - Vita e opere di Scarlattino, Cavaliero di San GiacomoDomenico Scarlatti (Napoli 1685 – Madrid 1757). Di lui, nel risvolto di copertina del volume di Sandro Ivo Bartoli (Zecchini, 2024), si legge che fu “randagio, ribelle, ma anche schivo e gaudente”, e Massimo Mila, della sua musica scrisse che “[…] non annoia mai. Arguzia, malizia, tenerezza affettuosa, pastorale serenità, improvvise ombre di malinconia presto scrollata da un sorriso […]”.

Maestro Bartoli, quale o quali tra queste caratteristiche umane e artistiche di Scarlatti hanno maggiormente attratto la sua attenzione, tanto da spingerla a scrivere un “consistente” libro su di lui? Un libro in cui, alla brillante “napoletanità” di Domenico Scarlatti, lei ha unito il suo “giocoso toscanismo”…

Si fa presto: tutte! Da giovanotto cominciai ad avvicinarmi alla sua opera attraverso le Sonate più brillanti ed estroverse, quelle che fan colpo sull’uditorio (e ce ne sono assai), ma ben presto mi resi conto che quella era solo una parte marginale dell’universo di musica che ci ha lasciato. Scarlatti è una specie di pozzo senza fondo di creatività musicale: qualsiasi cosa scriva, sia essa lieta o drammatica, facile o difficile, trova sempre il modo di sorprendere lettore e ascoltatore con trovate geniali; ma lo fa senza prosopopea, con la disinvoltura dei grandi e con un atteggiamento quasi remissivo. Scrive, e via. Come si fa a non affezionarsi a un Maestro di tal fatta?

Oltre a quelle lasciate dalla sua musica, di Domenico Scarlatti esistono poche altre tracce: un men che esiguo numero di lettere, qualche scarso documento anagrafico, un pugno di testimonianze indirette… Di quali fonti si è servito per raggiungere lo scopo?

Eh, non è carino ripetersi, ma le devo rispondere come sopra: di tutte, o almeno di tutto quello su cui ho potuto mettere le mani! Vede, forse proprio perché di lui si sa con certezza così poco la biografia e la musica di Scarlatti sono state oggetto di innumerevoli attenzioni, purtroppo non sempre guidate da quel rigore scientifico che un Maestro come Domenico avrebbe meritato. Può capitare di leggere, per esempio, che “il paragone tra Rameau e Scarlatti rivela troppe similitudini, oltre agli incroci di mani, per essere incidentali” in un testo, e “le innovazioni di Rameau o J.S. Bach non possono essere riconducibili a qualsivoglia influenza di Scarlatti, né è ogni influenza di ognuno dei due su Scarlatti altro che estremamente improbabile” in un altro. Correvano gli anni Cinquanta del secolo scorso quando Ralph Kirkpatrick pubblicò la prima autorevole biografia di Domenico. Per nostra fortuna, nel frattempo, gli studi su questo incredibile autore si sono arricchiti al punto di poter diradare almeno parte delle tenebre che avvolgono la sua vita e la sua opera, ma si tratta perlopiù di testi destinati agli addetti ai lavori e non facilmente reperibili: tesi di laurea, articoli su riviste specializzate, manoscritti… Mettendo tutto assieme (in un unico libro che, credo, sia la prima monografia interamente dedicata a Domenico in lingua italiana da almeno un trentennio), credo emerga un ritratto più preciso e delineato sia dell’uomo che della sua musica.

E qual era il suo scopo? Il suo libro è dichiaratamente altro da un saggio musicologico canonico. Come lo definirebbe?

Un atto d’amore, senza dubbio! Scarlatti è iscritto di diritto al Club dei grandissimi d’ogni tempo, ma purtroppo anche ai giorni nostri solo una piccola parte del suo straordinario catalogo trova la via del palcoscenico. In molti lo considerano un abile confezionatore di miniature divertenti, una specie di buffone di corte atto solo a intrattenere e divertire, ma ciò equivale a considerare l’opera di Verdi fermandosi al valzerino manoscritto in Fa maggiore che Nino Rota utilizzò nella colonna sonora de Il Gattopardo. Un po’ poco. Nel nostro caso, al di là di una gran varietà di Sonate cantabili (alcune di una intensità emotiva lancinante), vi sono i grandi lavori oratoriali, come lo Stabat Mater o il Salve Regina, e le opere liriche come il Tolomeo e Alessandro. Questo titolo, creduto disperso, è riemerso qualche anno fa in Inghilterra. Beh, quando ho visto la parte dell’aria di Seleuce “È un grave martire”, a leggere tutte quelle inflessioni così drammatiche vestite d’un armonia a dir poco avventurosa, m’è venuto il magone. Una musica d’una bellezza sconvolgente. Potessi, condividerei con il mondo intero una tal messe di bellezza. Mi devo accontentare dei miei lettori, ai quali sono di certo molto grato.

Il libro si conclude con un capitolo dedicato al corpus delle Sonate scarlattiane. Anche in questo caso l’approccio non è cattedratico, ma è una sorta di guida all’ascolto comprensibile anche dal grande pubblico dei non addetti ai lavori. Perché questa scelta?

Sin dagli albori del mio amore per questo Maestro, mi avrebbe fatto comodo avere sottomano una specie di “cartina geografica” con la quale orientarmi attraverso tutte le Sonate di Scarlatti, ma tal cartina non c’era! Non c’è dubbio che le Sonate siano la parte preponderante dell’opera di Domenico, quella più immediatamente accessibile e di gran lunga la più popolare, ma limitatamente alle poche Sonate (non più d’un centinaio) che generalmente si eseguono in pubblico. Se anche uno solo di quei commenti servisse da pretesto agli appassionati di musica o ai colleghi musicisti per avvicinarsi a una Sonata a loro ignota, sarei appagato! Prima accennava al mio “giocoso toscanismo”: con questo libro vorrei appassionare i lettori, proprio tutti, a Domenico Scarlatti e alla sua musica. Vorrei che anche loro, come me, potessero apprezzarlo per quel genio multiforme e multicolore che era, ne coltivassero la conoscenza, e ne perpetuassero la memoria a tutto tondo. “Parla come mangi”, si dice, ma quando si vuol persuadere qualcuno coi nostri argomenti secondo me gli è ganzo esser sinceri, e scriver come si parla. Non ho nulla da insegnare né su Domenico né su chicchessia, ma una dichiarazione d’amore si fa con la propria voce. No?

 

Sandro Ivo Bartoli è tra i massimi pianisti italiani in attività, protagonista di un’importante carriera internazionale che lo ha visto prodursi in tutto il mondo con orchestre quali la Philharmonia, il Maggio Musicale Fiorentino, la Filarmonica di San Pietroburgo, la Deutsche Philharmonie e altre. Affermatosi come interprete di riferimento nel repertorio italiano del primo Novecento, ha al suo attivo una variegata discografia che gli è valsa numerosi premi e riconoscimenti come il Diapason D’Or, il Supersonic Award e una Grammy Nomination. È docente di pianoforte principale al Conservatorio di Pavia. Nato a Pisa nel 1970, ha impiegato i mesi di clausura imposti dalla pandemia registrando in video l’integrale delle Sonate di Scarlatti, condividendole quotidianamente sui suoi canali social dal suo studio in Toscana.

 

Sandro Ivo Bartoli, Domenico Scarlatti. “Vivi felice”. Vita e opere di Scarlattino, Cavaliero di san Giacomo

Editore: Zecchini, Varese

Anno di edizione: 2024

Pagine: 390, brossura, € 37,00

 

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