Piero Ricci. Lo “zampognista” e l’Ecletnica Pagus

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Piero Riccidi Fabio Ciminiera

La zampogna è da sempre legata all’immaginario del mondo agro-pastorale dei secoli passati pastori, transumanza, festività natalizie, ma anche leggende, storie e vicende di una civiltà quasi del tutto scomparsa. Se rappresentazioni in costume e studi etnomusicologi offrono ormai un quadro ampio e particolareggiato di quanto è avvenuto nel passato, il percorso effettuato da Piero Ricci con la formazione Ecletnica Pagus sta offrendo nuove connotazioni alla zampogna in una dimensione finora mai affrontata prima: musica scritta appositamente per lo strumento, un ensemble costruito intorno a un incrocio di sonorità del tutto intrigante, concerti ed esibizioni sui palchi di tutto il mondo.Abbiamo incontrato Ricci in occasione del concerto tenuto a Pescara, nell’ambito di Etnomusic 2010. Il punto di partenza del discorso è naturalmente l’evoluzione tecnica che ha permesso al musicista di spingersi oltre, rispetto ai canoni imposti dalla tradizione. “Lo strumento tradizionale non ha a disposizione molte note: con le cinque dita della mano se ne possono suonare solamente sei e quindi la capacità melodica è estremamente limitata. È uno strumento armonico che non ha una estensione molto ampia: non a caso viene suonato insieme alla ciaramella come voce solista o con il canto. Il mio intervento è stato quello di modificare lo strumento, ampliando le possibilità armoniche e melodiche. La zampogna tradizionale riesce a fare solo due accordi, tonica e dominante, con lo strumento che ho costruito io, ne riesco ad ottenere una dozzina, poi combinando il suono con quello degli altri strumenti le possibilità si ampliano ulteriormente”.

La formazione infatti unisce in maniera originale il mondo classico e le sonorità etniche e popolare: arpa, oboe e clarinetto basso – affidati rispettivamente a Tiziana Tamasi, Maurizio Marino e Lelio Di Tullio – si confrontano con la zampogna di Ricci, con gli organetti suonati dallo stesso Ricci e Ernest Carracillo e con le percussioni e i tamburi a cornice di Antonello Iannotta. “Non è stata affatto una scelta casuale – afferma Ricci – Di solito si tende a contaminare, questo strano termine che sa un po’ di malattia, gli strumenti etnici con il rock, con l’elettronica. Noi abbiamo fatto una scelta diversa: abbiamo puntato sugli strumenti classici, addirittura suoniamo quanto più possibile senza amplificazione per esaltare ancora di più la “verità” del suono. La scelta degli strumenti e dei musicisti è stata molto ponderata. L’oboe, pur essendo uno strumento nobile, è comunque molto vicino alla ciaramella, l’arpa è lo strumento di accompagnamento per eccellenza. E se ci sono l’organetto e le percussioni, strumenti popolari, abbiamo inserito il clarinetto basso che è comunque un legno e copre, in modo importante, un timbro che manca negli altri strumenti della formazione”.

Il repertorio si è formato di conseguenza. I brani proposti da Ecletnica Pagus nel concerto di Pescara uniscono il retaggio delle tradizioni e la naturale modernità di musicisti che vivono e lavorano nel terzo millennio. I temi rimandano alle tradizioni dei pastori, alle leggende dei Mazzamauriell’ (spiritelli dei boschi e delle montagne molisane e in generale dell’Italia centromeridionale – n.d.r.), al Matese e alle Mainarde, località del Molise interno e alle figure storiche della zampogna, come Mastro Gerardo Guatieri, costruttore di zampogne e ciaramelle, ma si colorano con naturalezza di aspetti contemporanei: sono così presenti St. Michel, che richiama echi del folklore belga, la rivisitazione internazionale delle melodie natalizie, lo stesso modo di stare sul palco dei musicisti, dai movimenti e da alcune coreografie all’abbigliamento tipico da concertisti classici. Piero Ricci spiega come la scelta della composizione fosse in pratica obbligata. “La zampogna tradizionale non ha un repertorio codificato: esiste il repertorio tramandato delle canzoni natalizie, qualche tarantella, qualche brano dal ritmo più movimentato, ma, soprattutto, non c’è un repertorio scritto. Quello che eseguiamo è un repertorio nostro, costituito da composizioni pensate appositamente per lo strumento rinnovato per dargli, come mi piace dire, oltre all’animo del passato anche la dignità che finora è mancata”.

La formazione negli anni si è esibita in Italia e all’estero e ha riscosso successi e riconoscimenti. “Probabilmente è proprio l’unicità della nostra proposta: per quanto ne sappia io non esistono ensemble simili al nostro. Esistono esperienze di incontro con strumenti elettrici, ma appunto diverse dalla nostra. Il caratteristico rituale armonico dello strumento tradizionale e la mancanza di note gli impediscono di essere espressivo e ricordiamoci, inoltre, che, nei secoli scorsi, non è mai stato concepito e pensato dai musicisti con lo scopo di fare musica. Noi presentiamo un repertorio diverso e sono tante le persone che vengono ad ascoltarci. Il fatto di rappresentare una novità ci ha permesso di esibirci nei teatri di tutto il mondo e nei più importanti festival dedicati alle cornamuse in Scozia e in Irlanda”. D’altronde la presenza di musicisti provenienti dall’ambiente classico che si esibiscono in maniera tradizionale con i loro strumenti aggiunge altri spunti nella riflessione estetica di Ricci:”Tiziana, Maurizio e Lelio hanno senza dubbio una grandissima esperienza nel mondo della musica classica, ma hanno abbracciato con entusiasmo il progetto di Ecletnica Pagus: probabilmente perché riceviamo consensi, ma se riceviamo consensi vuol dire anche che esprimiamo anche qualcosa di positivo, qualcosa che arriva al pubblico”.

E, infine, come a segnare l’evoluzione e la nuova dignità dello strumento, i musicisti presentando Ricci al termine del concerto lo definiscono zampognista e non zampognaro… “È una provocazione, ma c’è anche un fondo di verità. Tutti i suonatori di strumenti a fiato hanno la desinenza “ista” – fagottista, flautista, trombettista, non abbiamo mai sentito, ad esempio, flautaro. Usiamo questo termine, tra il serio e il faceto, per sottolineare l’intenzione del musicista che si avvicina alla zampogna, come strumento per fare musica: una sfida lanciata anche al vocabolario italiano, proprio per mettere in risalto questa idea”.