Albertino Bastianoni: un’icona del nostro tempo
Immaginiamo, per qualche istante, di trovarci nel bel mezzo di una delle celebri favole di Hans Christian Andersen… un paesaggio stupendo, un lago con tanti piccoli anatroccoli e in mezzo un piccolo cigno, inizialmente un po’ snobbato, ma destinato a diventare il più bello di tutti. Volendo fare un altro esempio, si potrebbe pensare al fantasista, al numero 10, quello che ha il potere di cambiare le sorti di una partita con un colpo di genio e di deliziare le curve con virtuosismi ed acrobazie.
Il fuoriclasse in oggetto è un simpaticissimo fisarmonicista di ottant’anni che risponde al nome di Alberto Bastianoni, o meglio “Albertino” perché con il nome di battesimo, per sua stessa ammissione, non lo conosce neanche il postino! Vi anticipo che intervistarlo è stato un immenso piacere anche perché sono riuscito a strappargli la promessa… di una pizza da consumare nei prossimi giorni.
Albertino Bastianoni è un’icona del nostro tempo. Si riconosce in questa affermazione?
Senza falsa modestia devo ammettere che qualcosa di buono in carriera l’ho combinato, anche se paradossalmente credo di essere più apprezzato all’estero, soprattutto nel nord Europa, dove mi è capitato spesso di esibirmi in molti programmi radiofonici. Comunque, e questo è giusto sottolinearlo, la mia esperienza è legata esclusivamente al genere varieté.
Lei è considerato uno dei più grandi professionisti del genere varieté. Come ha avuto inizio la sua attività di musicista e compositore?
Ho iniziato a suonare da bambino e chiaramente, tenendo conto dello scenario storico/politico di quegli anni, era quantomeno utopistico pensare di iscriversi ad un corso di musica. Non c’erano soldi e forse non c’erano neanche insegnanti preparati, così decisi di prendere lezioni per corrispondenza! Si, si… per corrispondenza! Un mio parente di Sanremo, di cui non ricordo neanche il nome, mi inviava a mezzo posta gli esercizi da fare ed io, con grande dedizione, passavo notti intere a studiare e cercare di migliorarmi. Successivamente ho perfezionato la mia preparazione tecnica e teorica, ma devo riconoscere che il mio stile e la mia personalità non hanno subito particolari influenze esterne, né mi sono mai ispirato ad un modello in particolare.
Che influenza ha avuto la sua famiglia, i suoi genitori nelle scelte che poi l’hanno portato ad essere il grande fisarmonicista che oggi conosciamo?
Sarò sempre riconoscente nei confronti dei miei genitori perché mi hanno assecondato e stimolato. Soprattutto mio padre, che ha sempre avuto una grandissima passione per la fisarmonica ed è come se in me esaudisse un desiderio che gli era stato negato dal destino. Mi incoraggiavano e, soprattutto, mi hanno consentito di fare della mia grande passione il mio lavoro, il mio futuro! E tenendo conto della crisi che c’era, due braccia forti rubate all’agricoltura non era cosa da poco.
Grazie ai successi ottenuti nella sua lunga carriera oggi le viene riconosciuto il grande merito di aver contribuito alla diffusione ed al consolidamento della conoscenza della fisarmonica. Quali cambiamenti ha vissuto questo strumento negli ultimi decenni?
La fisarmonica è sempre stata considerata uno strumento prettamente popolare e per intere generazioni ha rappresentato una sorta di talismano capace di dispensare allegria e buon umore anche nei momenti più cupi. Con il passare degli anni lo strumento, già di per se molto complesso e sofisticato, ha subito delle migliorie tali da permetterne l’utilizzo in scenari completamente diversi da quelli esclusivamente folkloristici. Si sono succeduti tanti compositori e ognuno di loro ha portato qualcosa di nuovo e mi piace pensare di aver contribuito, anche se in minima parte, a questo processo di evoluzione e di consacrazione della fisarmonica.
Potrebbe raccontare ai nostri lettori alcuni episodi che hanno caratterizzato in modo particolare la sua formazione e la sua attività artistica? E quali sono stati i rapporti, ad esempio con altri musicisti o compositori, che hanno maggiormente influenzato la sua carriera?
Non ne ricordo di particolari, ripeto, nella mia lunga carriera di musicista ho avuto l’opportunità di confrontarmi con tanti fisarmonicisti di livello: Wolmer Beltrami, Gervasio Marcosignori, Carlo Venturi… e con tutti sono riuscito ad instaurare un’amicizia che andava ben aldilà del semplice rapporto professionale. Ma, pur riconoscendo ai miei colleghi una preparazione invidiabile, ho sempre cercato di non farmi influenzare e di valorizzare le caratteristiche che mi hanno contraddistinto in tutti questi anni.
Oggi è facile vedere o sentire autori, interpreti, gruppi di generi diversi e moderni inserire la fisarmonica nei loro brani. Secondo lei stiamo assistendo ad un rinato interesse per la fisarmonica da parte dei giovani?
Nell’Est e nel Nord Europa, in America Latina e in alcuni stati dell’Asia, la fisarmonica ricopre un ruolo di primissimo piano. Ci sono insegnanti molto qualificati e il grado di preparazione degli allievi è notevolmente più alto; in Italia questo processo di valorizzazione dello strumento va un pochino più a rilento, anche se va riconosciuto che l’introduzione della cattedra di fisarmonica in alcuni conservatori ha aperto degli scenari diversi. Detto questo, a volte si vedono dei gruppi, soprattutto di musica leggera che, per esigenze dovute all’arrangiamento dei brani, fanno un uso marginale della fisarmonica e il più delle volte si tratta di pianisti o tastieristi che si limitano ad eseguire il compitino. La controprova sta nel fatto che quasi nessuno suona i bassi della mano sinistra. Mentre è sempre più frequente incontrare dei bravi fisarmonicisti nelle formazioni che fanno jazz o musica classica, a dimostrazione della grande versatilità e della duttilità dello strumento.
La fisarmonica è uno strumento su cui possiamo sempre fare affidamento per ritrovare le nostre radici culturali. Condivide questa considerazione?
Per la nostra gente ha rappresentato e rappresenta tutt’ora una suggestiva scappatoia ai problemi quotidiani, ha sempre avuto il potere di aggregare generazioni su generazioni e così mi auguro sarà anche in futuro.
Che consiglio si sentirebbe di dare ad un giovane che si avvia oggi alla carriera di fisarmonicista?
Studiare, studiare e studiare… La fisarmonica offre delle grandi opportunità, sta ai giovani saperle cogliere e saperle sfruttare.
Dimenticavo… Lei suona la fisarmonica a piano o la cromatica?
Ho sempre suonato la fisarmonica a piano, poi a causa di una forma di artrosi al pollice della mano destra sono passato alla cromatica.
A 80 anni?
No, No… Solamente a 78!