Raoul Casadei: tra radici e futuro

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Raoul CasadeiA detta dei bene informati, le origini della musica da ballo e, in particolare, del cosiddetto “liscio”, sono da attribuire al musicista Carlo Brighi, primo violino del Maestro Arturo Toscanini che, alla fine del XIX secolo, aprì la balera “È Festival” (poi ribattezzata “Capannone Brighi”) nei pressi di Gatteo. O meglio, la sua grande intuizione è stata quella di proporre alcuni stili come il valzer, un ritmo ternario già ampiamente diffuso in Germania, Austria e Francia, dove fu introdotto da Maria Antonietta, in una forma molto più folkloristica, adattandolo appunto agli strumenti della tradizione popolare. Da allora, sono state pubblicate montagne di spartiti, incisi innumerevoli dischi, proliferate sale da ballo e scuole di danza; il giro d’affari, che inizialmente riguardava solo la Romagna, si è rapidamente espanso ben oltre i confini regionali e alcune canzoni sono divenute celebri in tutto il mondo. E se il buon Brighi può vantarsi di aver cominciato l’opera, c’è un imprenditore di successo, oltre che grande musicista, a cui va riconosciuto il merito di aver fatto conoscere il liscio e il folklore della Romagna in ogni angolo della terra: Raoul Casadei.
Di lui sappiamo un po’ tutto. Nasce a Sant’Arcangelo di Gatteo il giorno di Ferragosto del 1937, e si avvicina alla musica spronato dal suo grande mentore, lo zio Secondo che a sedici anni gli regala la chitarra che lo accompagnerà nel corso della sua intensa e ricca carriera artistica. Nel 1950, debutta nella grande orchestra di famiglia e nel ’72, la scomparsa del nonno lo pone nelle condizioni di abbandonare il lavoro di insegnante presso le scuole elementari, ad un solo anno dalla pensione, per prendere le redini dell’azienda. Mai scelta fu più lungimirante! Sforna successi a ripetizione, alcuni dei quali (Ciao Mare, Simpatia, La Mazurka di Periferia, Romagna e Sangiovese) entrano a pieno titolo nell’olimpo dei cosiddetti evergreen. Nel suo curriculum non manca proprio niente: spettacoli in tutto il mondo, colonne sonore cinematografiche, film e fotoromanzi, sigle televisive (tra cui quella di Domenica in) e per soap opera (Figli miei, vita mia), milioni di dischi venduti (alcuni dei quali risulteranno anche tra i più contraffatti), reality e una moltitudine di progetti realizzati.
Nel 1980, si ritira dalle scene, ma il suo carisma e la sua genialità rappresentano tuttora un riferimento per i musicisti in erba.

Non fosse stata musica… come avresti immaginato la tua carriera professionale, quale destino sarebbe toccato a Raoul Casadei?

Avrei certamente continuato a fare l’insegnante e solo la tenacia e l’insistenza delle persone che mi chiedevano di sostituire mio zio alla guida dell’orchestra mi hanno persuaso a mollare la scuola per dedicarmi esclusivamente alla musica. Credo di aver fatto la scelta migliore, magari rischiosa, ma dettata dal cuore e comunque, dopo un anno, ero al Festivalbar con Vittorio Salvetti…

Quanto è stata spontanea la scelta di diventare musicista o quanto, invece, condizionata dalla presenza di una figura ingombrante come quella di tuo zio?

Non si diventa musicisti per caso o per volontà di qualcuno, anche se devo ammettere che lo zio Secondo è stato fondamentale per la mia formazione professionale. È chiaro, la sua presenza è stata ingombrante nella misura in cui oggi la mia figura e la mia personalità lo sono per mio figlio Mirko. Ma la sua fama, la sua bravura e il suo carisma sono state uno stimolo a migliorarmi e non la prospettiva di un traguardo inaccessibile.

A te viene attribuita un’abilità imprenditoriale fuori dal comune, la tua inesauribile vena artistica è stata adeguatamente supportata da una notevole capacità manageriale. Fermo restando che le tue canzoni sono delle intuizioni geniali, credi sarebbe stato possibile, oggi, scalare le hit mondiali, vista la nutrita concorrenza di compositori e la scarsa considerazione che riscuote il genere soprattutto tra i giovani?

La concorrenza c’è sempre stata e ai miei tempi si chiamava, tra gli altri, Fabrizio De André e Morris Albert! I miei primi successi, infatti, sono stati pubblicati dall’etichetta “Produttori Associati” distribuita dalla Ricordi nel cui catalogo si potevano appunto trovare anche le ristampe degli album del Faber. Anche allora, i giovani prediligevano altri generi musicali, ma i miei dischi rappresentavano comunque il 50% del fatturato dell’azienda…

Raoul CasadeiCome giudichi l’ambiente della musica da ballo, quanto professionismo c’è e quanta improvvisazione? Ci sono analogie con le orchestre del passato? Non credi che il calo d’interesse che coinvolge “il genere liscio” sia una conseguenza anche dall’atteggiamento, quantomeno discutibile, di tanti musicisti?

Ci sono una serie di fattori che influiscono negativamente sul buon andamento della musica da ballo: il primo è indubbiamente un impoverimento del livello dei musicisti. Oggi, con l’evoluzione tecnologica e l’avvento dell’elettronica è molto più facile andare a suonare; ci si aiuta, nella migliore delle ipotesi, con le basi musicali e sono ormai poche le orchestre che si esibiscono completamente dal vivo. Questo determina anche un notevole calo d’interesse con conseguenze che si ripercuotono anche nelle tasche degli orchestrali, costretti a dividersi tra la musica ed un secondo lavoro che gli consente di arrivare alla fine del mese. Avrei qualcosa da ridire anche sulla scelta dei repertori: la gente si appassiona ascoltando le vecchie canzoni, forse perché non si esalta ascoltando le nuove produzioni; io, con i miei brani ero già un innovatore trent’anni fa!

Quanto manca a questo ambiente una figura carismatica come la tua?

Io credo di aver fatto qualcosa d’importante, ma all’ambiente della musica da ballo mancano anche i vari Castellina, Borghesi, Pattacini… tutta gente che ha fatto la storia del liscio romagnolo.

Alcune tue canzoni sono conosciute in tutto il mondo, molto più di quelle di alcuni affermatissimi autori di musica leggera contemporanei. Ti sei mai emozionato ascoltandole all’estero durante le tue numerosissime tournée, magari trasmesse dalle emittenti locali o canticchiate dalla gente del posto?

Io mi emoziono sempre quando un collega esegue uno dei miei brani, è un riconoscimento importante a chi, con passione ed umiltà, ha dedicato una vita alla musica e alla promozione della mia cara terra di Romagna.

Un’ultima domanda, forse la più difficile… In un ipotetico scambio di ruoli hai passato la pipa (il testimone) a tuo figlio Mirko. Tenendo sempre conto del cambiamento dei tempi, ti rivedi nel suo modo di interpretare la musica da ballo e quanto può essere gratificante, per un autore tanto apprezzato e stimato, poter contare sulla successione del proprio erede?

Come nelle migliori famiglie, la successione da padre in figlio è stata caratterizzata da piccole rivalità e sfide dovute a differenti vedute di opinioni; in fondo però, Mirko è un ragazzo di talento e con il suo carisma non ha faticato ad imporsi all’attenzione del grande pubblico. La risposta è scontata. Ovviamente, sono entusiasta del fatto che mio figlio abbia preso le redini dell’orchestra e che ci sia ancora un Casadei che fa parlare di sé.