È l’opera, bellezza!
Alberto Mattioli, “Pazzo per l’opera. Istruzioni per l’abuso del melodramma”
Personalmente, sotto una dichiarazione come quella che segue, metterei la firma: “O una passione è esagerata oppure è soltanto un hobby. Deve durare per una vita e riempirla tutta, smodata e iperbolica, eccessiva e ossessiva, maniacale e totalizzante”. È l’incipit del libro di Alberto Mattioli, Pazzo per l’opera. Istruzioni per l’abuso del melodramma, grazie al quale, per alcuni giorni, mi sono divertito, ho fatto scoperte e ho ricevuto numerosi, quanto interessanti, stimoli alla riflessione, che durano – e dureranno – ben oltre la lettura dell’ultima pagina. Al di là dei dati ad effetto – l’età giovanissima in cui si manifestarono nell’autore i primi sintomi della compulsione nei confronti del teatro lirico; il numero di melodrammi ai quali ha assistito; la varietà dei teatri e dei Festival (e dei relativi Paesi) sulle cui poltrone (più o meno comode) si è seduto – il libro di Mattioli, senza essere un saggio musicologico, né una storia del teatro musicale, è una guida valida – apprezzabile sia dagli esperti, sia dai profani – per conoscere non solamente i meandri della psiche del suo autore e dei suoi colleghi melomani, ma, anche e soprattutto, il mondo della lirica, italiana e internazionale, nelle sue sterminate sfaccettature. Insomma, un utile «manuale» d’istruzioni per l’uso, oltreché per l’abuso, del melodramma.
Uno dei capitoli più interessanti, a mio avviso, è quello dedicato alla regia, all’eterno dibattito (per dirla con un eufemismo) tra i sostenitori della tradizione e quelli dell’innovazione. Alberto Mattioli, con semplice verità, ci ricorda che “«tradizione» è quello che ogni epoca ha cristallizzato come il modo «giusto» di fare teatro e che l’epoca successiva, ovviamente, ha sempre rimesso in discussione. Non esiste un modo «giusto» in assoluto di mettere in scena (o cantare, o dirigere) Mozart o Rossini, Verdi o Wagner, nemmeno la loro volontà, espressa o più probabilmente presunta. Esiste il modo «giusto» che un periodo storico ha di mettere in scena (e di dirigere, e di cantare) i capolavori che ha ricevuto”.
Un capitolo altrettanto interessante è quello in cui si discorre dei cantanti e dei loro esegeti. Il pubblico del melodramma, ci spiega Mattioli, si divide tra chi considera le voci le attrazioni numero uno (se non le uniche); chi è consapevole di quanto il teatro musicale sia il frutto del convergere di tutte le arti (canto, musica, testo, regia, scenografia, ecc.); e chi – estrema minoranza – le considera “un male necessario”, se non, addirittura, una calamità. Tra le righe di questo tema, Mattioli tratteggia il ritratto del nostro più autorevole “vociologo”, Rodolfo Celletti, facendone emergere la singolare figura, anche attraverso il ricordo di un episodio autobiografico, quando, giovanissimo collaboratore della “Gazzetta di Modena” fu destinatario di “qualche parola cortese e addirittura mi stette ad ascoltare, senza manifestare irritazione o, peggio, noia, per le sciocchezze che sicuramente dissi”.
Dubito che Alberto Mattioli, pur giovanissimo, abbia potuto proferire sciocchezze. Le pagine del suo libro trasudano una conoscenza del tema profondamente radicata nel tempo ed esprimono una vivace dichiarazione d’amore per il melodramma, per la sua capacità di appassionare, per la potenza con la quale sa parlare all’emotività e alla razionalità di tutti e di tutte le epoche.
Alberto Mattioli è nato a Modena nel 1969. È giornalista, esperto d’opera e ha collaborato con molti teatri e riviste italiani e internazionali. Oltre a numerosi saggi, ha scritto anche tre libretti d’opera. Pazzo per l’opera è il suo quarto libro.
Alberto Mattioli, Pazzo per l’opera. Istruzioni per l’abuso del melodramma
Editore: Garzanti, Milano
Anno di edizione: 2020
Pagine: 216, rilegato, € 16,00
(Foto Marianna Zampieri)