La fisarmonica di Luciano Berio 4^ parte
“Chemins V” (1992) e “Kol-Od” (“Chemins VI”, 1996)
Siamo giunti quasi al termine del nostro percorso sulle orme di Luciano Berio e del suo rapporto con la fisarmonica. In questo articolo osserveremo due brani: Chemins V per chitarra e orchestra, e Kol-Od (Chemins VI) per tromba e orchestra. Prima di osservare questi due brani così importanti e interessanti, però, riprendiamo per un istante le fila della biografia di Luciano Berio.
Scritti rispettivamente nel 1992 e nel 1996, questi due brani si situano negli ultimi dieci anni della vita del compositore ligure. Da molti anni la carriera di Berio è segnata da trionfi internazionali, che gli valgono anche diversi riconoscimenti (Premio Wolf per le Arti, nel 1991, Premio Imperiale del Giappone, nel 1996, per citarne solo due), mentre l’insegnamento, la trasmissione delle proprie visioni, si sposta ancora una volta verso gli Stati Uniti: nel 1994, infatti, viene nominato Distinguished Composer in Residence presso l’università di Harvard.
Per quanto riguarda i due brani che osserveremo oggi c’è da dire innanzitutto che essi fanno parte della serie degli Chemins, una sorta di serie “parallela” alle Sequenze per strumento solo. Si tratta di brani che affondano le radici nelle Sequenze, di cui sono insieme analisi, sintesi ed espansione. Nella visione artistica di Berio, infatti, il miglior modo per analizzare un brano è scrivere un altro brano. Non tutte le Sequenze hanno subito l’approfondimento, per così dire, degli Chemins, che sono in tutto dieci. Ben tre di questi sono arrivati negli anni Novanta: i due di cui parleremo oggi, e Rècit (Chemins VII), per sassofono contralto e orchestra (1996).
Il passaggio dal brano solistico al brano orchestrale, o comunque cameristico, è molto importante per Berio: si tratta sì di un’analisi, ma di fatto lo strumento solista esegue parti più o meno ampie della “sua” Sequenza, mentre l’ensemble commenta, sviluppa, interloquisce con esso.
Questo è per l’appunto il caso di Chemins V, per chitarra e orchestra, scritto nel 1992. Per quanto riguarda il brano in sé possiamo dire che la parte chitarristica è sostanzialmente identica a quella di Sequenza IX per chitarra (1987-88), e che l’intero brano è strutturato come una sorta di dialogo tra lo strumento solista e l’orchestra. La chitarra alterna gestualità tipiche della musica flamenco a gestualità più proprie della chitarra classica, gesti che vengono anche ripresi e in qualche modo variati dagli altri strumenti in organico. Per quanto riguarda la fisarmonica, invece, possiamo dire che all’ascolto non sembra essere molto presente. Di fatto, anche analizzando la partitura, vediamo che viene sfruttata prevalentemente la mano destra, e che gli interventi dello strumento sono abbastanza radi. Molto spesso la fisarmonica interviene in dialogo con la chitarra, o in una sorta di “canone” con gli archi. Si ritrovano nella parte della fisarmonica molti dei gesti che sono presenti, come vedremo, anche in Sequenza XIII (Chanson), e anche alcune tecniche che in quest’ultimo brano sono rare o pressoché assenti (oscillazioni del mantice, glissandi e cluster). In ogni caso si tratta di un brano molto complesso, anche per la fisarmonica, non solo per i passaggi che di per sé sono elaborati quasi quanto Sequenza XIII stessa, ma anche per gli incastri con l’ensemble, che spesso si giocano su dettagli molto raffinati.
Kol Od (Chemins VI), scritto nel 1996 per tromba e orchestra da camera, è lo Chemins legato a Sequenza X per tromba e risonanze di pianoforte. Notiamo subito che il brano per tromba non prevede un solo strumento, come quasi tutte le altre sequenze (l’altra è Sequenza VII per oboe, che prevede un oboe “fuori scena” che esegua una nota lunga). In Sequenza X, però, il pianoforte ha una vera e propria parte autonoma, che prevede l’esecuzione di alcuni accordi “muti”, premendo i tasti solo per liberare le corde corrispondenti, che verranno poi messe in risonanza dalla tromba. In Kol Od questo ruolo di “espansione nascosta” viene affidato all’orchestra da camera, mentre la tromba esegue senza sostanziali modifiche la sua sequenza. Il titolo del brano, che per la prima volta nella serie non è semplicemente Chemins VI, significa “fin quando” in ebraico, e si tratta delle prime parole dell’inno nazionale israeliano. In effetti, come in Sequenza X, il materiale musicale di partenza è tratto proprio da questo inno, che la tromba esegue in maniera mascherata, nascosta. La ragione di questa scelta, probabilmente, è legata all’ultima moglie del compositore, Talia Pecker, musicologa israeliana – autrice, tra l’altro, del libretto per l’opera Cronaca del luogo (1999), di cui purtroppo, per non andare troppo fuori tema, non possiamo parlare più nel dettaglio.
Per quanto riguarda la parte della fisarmonica in Kol Od sottolineiamo in primo luogo due aspetti molto evidenti: il primo è che la presenza del nostro strumento nel brano è molto più massiccia di quanto non lo sia mai stata. La quantità degli interventi, come pure la loro l’importanza ed evidenza acustica, è notevolmente aumentata rispetto ai brani precedenti.
L’altro punto molto interessante, che apre tra l’altro il discorso su Sequenza XIII (Chanson), è l’utilizzo piuttosto frequente degli accordi precomposti per creare tessiture armonico-timbriche assolutamente originali.
In questo brano la fisarmonica presenta anche, a livello tecnico, diverse oscillazioni del mantice, spesso piuttosto lunghe, che ritroveremo in una forma più “sintetica” anche all’interno di Sequenza XIII (Chanson), e se osserviamo la partitura notiamo che questi interventi formano una sorta di contrappunto con la tromba. Anche qui, in altre parole, la fisarmonica e lo strumento solista sembrano avere un rapporto speciale: mentre gli altri gruppi strumentali, come gli archi, agiscono con un’unica entità, e dal punto di vista sonoro risultano tendenzialmente rarefatti, la fisarmonica accompagna la tromba da vicino, intercalando e talvolta riprendendo i suoi stilemi, in una sorta di interplay estremamente intrigante.
Si tratta, per concludere, di due brani molto importanti e interessanti, di cui non possiamo che consigliare l’ascolto. Per quanto riguarda la fisarmonica di Luciano Berio, invece, l’appuntamento è al prossimo articolo, dove osserveremo un po’ più da vicino Sequenza XIII (Chanson), uno dei brani per fisarmonica sola più studiati del repertorio contemporaneo.