Il “rock senza compromessi”
Intervista a Dario Triestino, cantante e bassista della band Il Pozzo di San Patrizio
Sul loro sito leggiamo “rock senza compromessi, chitarre in levare, ritmiche folk di matrice balcanica e irlandese”… È così che la band salernitana descrive la propria musica. Il Pozzo di San Patrizio si presenta, infatti, con un repertorio caratterizzato da una commistione di generi che spaziano da sonorità folk, passando anche per le canzoni popolari del territorio campano, al rock. Si tratta di una band autentica e verace che dalle strade di Salerno è arrivata a suonare su grandi palchi in giro per l’Europa, a dimostrazione del fatto che la musica non ha confini locali e parla un linguaggio universale. Ringrazio Dario Triestino, cantante e bassista della band, per avermi concesso l’intervista.
Per iniziare, chiariamo una volta per tutte l’origine del vostro nome. Il richiamo all’Irlanda è indubbio, ma ha a che fare anche con il famoso pozzo di Orvieto?
In realtà no. Il Pozzo di San Patrizio da cui prendiamo il nome è quello della leggenda irlandese secondo la quale, in questo luogo, situato sull’isolotto di Lough Derg nell’Irlanda Nord-Occidentale, San Patrizio si rifugiava in preghiera e redimeva i peccati dei pellegrini che riuscivano a raggiungere il fondo del pozzo dopo una serie di ostacoli. Oltre al chiaro richiamo all’Irlanda e alla sua musica, ci piaceva pensare all’idea del fare musica come qualcosa che salva l’anima. Inoltre, il termine “Pozzo di San Patrizio” indica nel gergo comune ricchezza, diversità, ed esprime bene il fatto che la nostra musica sia influenzata da tanti stili diversi in base alle differenti esperienze musicali di ciascun componente e sia “ricca” in questo senso.
Cosa ha portato una band originaria di Salerno a fare musica folk-rock?
Sicuramente la passione per il rock e la voglia di non perdere comunque le proprie radici culturali.
Come si è evoluta la vostra musica dal 1996 ad oggi?
Dopo un primo avvicinamento alla musica Irish prima e ai Pogues poi, non abbiamo fatto altro che mettere nel calderone tutte le nostre esperienze ed influenze. Il risultato è un mix di irish folk, musica popolare campana, musiche balcaniche e una buona dose di sano rock’n roll!
La fisarmonica è uno strumento estremamente caratteristico della musica folk. Quanto incide sulla vostra identità musicale?
Incide su due livelli. Di sicuro ha la classica sonorità del folk e della musica popolare, ma, ad un ascolto più attento, ha anche dei colori che ricordano i rock organ degli anni Settanta: Deep Purple docet.
Durante i vostri 27 anni di carriera avete suonato su importanti palchi d’Italia e d’Europa (Francia, Olanda, Regno Unito, Germania, Svizzera). Quale pensate che sia la chiave del vostro successo che vi fa essere molto apprezzati anche all’estero nonostante cantiate in italiano e, a volte, anche in dialetto campano?
Credo che ciò che più arriva della nostra musica siano la veridicità e la veracità, la libertà di essere e fare ciò che si vuole in quanto a generi e argomenti trattati: insomma, l’essere se stessi e l’essere contenti di esserlo. Difatti, non capisco perché si dovrebbe trattare la musica come un prodotto DOC. Negli anni Novanta, i Sepultura sono stati una band capostipite suonando death metal e venendo dal Brasile: quindi non è detto che una band campana non possa fare musica celtica cantata in dialetto.
Nel vostro repertorio non mancano interi album di denuncia, come Miserabilandia (2014), che mette al centro i problemi dell’Italia. Raccontateci un po’ questo album.
Miserabilandia è un disco che inquadra un determinato periodo storico in Italia e parla del disagio che tantissime persone, purtroppo, ancora vivono nel nostro Paese. Nell’essere veri capita che magari si viva un periodo in cui si sia più sensibili verso alcune tematiche piuttosto che altre, ma ciò non toglie che possa in futuro uscire un disco in cui si celebri la vita nelle sue sfaccettature più positive e speranzose.
Il vostro ultimo singolo Orso M49 (2022), invece, tratta la storia dell’orso della provincia di Trento che per molti è diventato un simbolo di ricerca della libertà. Qual è l’obiettivo di questo brano?
L’obiettivo è quello di sensibilizzare sul fatto che l’uomo non può decidere della vita di altri esseri solo perché ne invade gli spazi per proprio lucro o, peggio ancora, per divertimento. Ogni essere vivente ha diritto ad essere libero!
Dobbiamo aspettarci nuove uscite a breve o per il momento vi concentrate sui live?
Nei mesi estivi siamo concentrati più sui live, ma con gli inizi di settembre, riprenderemo a scrivere. Abbiamo già nuove cose in cantiere.
Lasciateci un messaggio per i nostri lettori…
Siate voi stessi, ci vediamo in giro e brinderemo assieme.
DISCOGRAFIA
Il Pozzo di San Patrizio, 2001
Altri Tempi, 2003
Lucidamente, 2006
Hard Folk Café, 2008
The Eyes over the World, 2010
Miserabilandia, 2014
Vagabondo rebelde, 2020