Un uomo profondo – Nazzareno Carini: una vita per la fisarmonica (6° parte)

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Nazzarenio Carini - Un uomo profondo (sesta parte - foto 1)Regola n° 1: anche andando a spasso o ad un concerto con Nazzareno Carini, tenere sempre a portata di mano – e acceso – un registratore perché, ormai il lettore lo ha ben capito, Nazzareno è un vulcano in continua eruzione, un fiume in piena, e ha sempre qualcosa di avvincente da raccontare, delle osservazioni interessanti da fare. Per fortuna, Nazzareno ha anche un’ottima memoria che gli consente di ricordare perfettamente quel che ha detto 24 ore prima o più, e di ripeterlo, addirittura con qualche nuovo particolare, davanti ad un microfono.

Dunque, Nazzareno, abbiamo ascoltato insieme dei brani eseguiti da Valentino Lorenzetti con una fisarmonica elettronica e mi hai messo a parte delle tue riflessioni su questo strumento…

“A me piace la fisarmonica elettronica, è un grandissimo strumento, anche se non mi ha mai appassionato in modo particolare perché di elettronica non me ne intendo. Penso che sia bellissima per certi tipi di musica. Per esempio, quella che abbiamo sentito ieri. Sembra fatta apposta per quei brani di Ennio Morricone. Però la fisarmonica «naturale» ha un altro tipo di espressione, ha i suoni più puliti; l’elettronica ha la sovrapposizione di suoni. Tu emetti un suono, poi un altro e quello precedente continua. Comunque, l’elettronica ha avuto un grandissimo successo, e quando mi capita di parlare con qualcuno che se ne intende, mi dice che oggi non è più come prima, le ultime fisarmoniche hanno il suono virtuale che ti permette di imitare il suono di una persona, di un uccellino, della pioggia, di un corso d’acqua. E di un’orchestra. Uno potrebbe accoppiare il suono di un violino con un sassofono, un pianoforte. E tutto l’insieme di un’orchestra. È molto bella, ha una sua clientela. E con quella fisarmonica non c’è bisogno di andare in una balera con tutta l’orchestra. Però è differente. La fisarmonica elettronica può imitare la batteria, ma, è opinione mia, anche se, credo, condivisa da molti, il batterista, nell’orchestra è l’attrazione maggiore. Quando lo vedi nella realtà muovere le bacchette… fa spettacolo, è tutta un’altra cosa. L’elettronica digitale è nata nel 2005. Noi, qui a Castelfidardo, abbiamo una ditta che si dedica parecchio a questo tipo di fisarmonica ed è sempre dietro alle novità; il titolare è un caro amico, però, se dovessi scegliere, sceglierei la fisarmonica tradizionale. E, comunque, l’elettronica ha portato un maggiore lavoro all’industria della fisarmonica. Non dico lavoro per fare la parte interna dei circuiti elettronici, ma per fare i meccanismi, i tasti, lo châssis, la traforatura. In effetti, è una fisarmonica normale, solo che all’interno ci troviamo qualcosa di diverso”.

Ancora senza registratore, chiedevo a Nazzareno se esistesse un consorzio o qualche altra forma di associazione tra i produttori di fisarmoniche di Castelfidardo e se lui la ritenesse utile. E, ancora una volta, qualche giorno dopo, mi viene in soccorso la memoria prodigiosa di Nazzareno, che gentilmente mi ripete il proprio punto di vista.

Nazzarenio Carini - Un uomo profondo (sesta parte - foto 3)“Di consorzi qui ne hanno fatti moltissimi (e ripete ‘moltissimi’ accompagnando la parola con un gesto eloquente della mano). Le finalità dei consorzi erano bellissime, soprattutto prima della guerra quando era difficile reperire i materiali. Per esempio il legno, che veniva ordinato dall’Austria, un legno speciale. La madreperla, invece, per produrre i bottoni, arrivava dalle isole giapponesi, ma doveva passare attraverso l’Olanda. L’acciaio, da sempre, veniva dalla Svezia. Noi adoperiamo due tipi d’acciaio, uno in lastre, speciale, dove vengono tracciate tutte le lamelle, e un altro in nastrino che usiamo per le voci più buone, fatte a mano. Poi, la Montecatini ci forniva molti diluenti e dalla Germania arrivava l’alluminio. E sempre dalla Svezia importavamo delle lime speciali per accordare. Su questi traffici commerciali ho tutta la documentazione prodotta, per l’appunto, da Federfisarmonica, un consorzio costituito da alcuni dei maggiori fabbricanti per promuovere una réclame collettiva, per ordinare i materiali in modo conveniente, per organizzare fiere. Però non ha avuto tanto seguito, come non hanno avuto tanto seguito le associazioni nate successivamente. Qui da noi le persone sono tradizionali, chi la pensa in un modo, chi in un altro. A me piace molto lavorare in gruppo e mi piace, soprattutto, quando c’è una diversificazione di idee. Ognuno, però, deve essere sincero perché si deve scegliere l’idea migliore. È la cosa più bella del mondo, ma qui c’è l’abitudine che se uno nell’animo suo pensa che una certa idea è bella, la contrasta perché non è venuta a lui. E questa è la cosa più brutta. Questo succede anche nel governo, dappertutto. A me, invece, piace il dialogo con tutti e riconoscere l’idea migliore”.

Passerà “alla storia” come il tormentone di quest’ultima parte dell’intervista a Nazzareno, ma è la realtà. In coda a questo lungo, sorprendente incontro cerco di recuperare, per registrarlo e fermarlo nella memoria, ogni frammento di dialogo sfuggito alla telecamera nei giorni precedenti. Per esempio, ricordo che Nazzareno, mi aveva accennato ad un sogno giovanile davvero curioso…

“Un giorno, appena svegliato, mi è venuto in mente un sogno che avevo fatto quando ero ragazzino, non ricordo esattamente se avevo 10 o 12 anni. Nel sogno mi trovavo in un enorme castello, un castello con un grande cortile affollato di persone. Eravamo tutti internati, prigionieri. Il castello era comandato da un Re e tutte queste persone, i prigionieri, dovevano rimanere a vita lì per qualcosa che avevano commesso. A me, però, non veniva in mente nulla, nessun misfatto che avessi potuto compiere per meritare quel castigo; sapevo solo che dovevo rimanere a vita in quel luogo. Ma il re, ogni anno, liberava una persona che avesse creato qualcosa che gli fosse piaciuto. Si doveva creare qualcosa, senza essere forniti di materiali, né di attrezzi. Nel sogno mi chiedevo: ‘che cosa potrei fare se volessi concorrere?’ E mi sono detto: ‘potrei fare una fisarmonica, ho fatto sempre le fisarmoniche…’ È vero che nelle fisarmoniche c’ero nato e che nel sogno pensavo di poterne fare una, ma, in realtà, a quell’età non ero capace di fare quasi nulla. Questo sogno m’è tornato in mente in età avanzata, quando avevo 75 anni, e ho pensato: ‘ma se veramente avessi voluto fare una fisarmonica, se avessi avuto la capacità di farla, avrei potuto realizzarla senza avere quasi nulla a disposizione?’ E mi sono detto: sicuramente un giornale lo avrei trovato… un giornale o un libro, avrei avuto bisogno di carta, insomma. Poi mi sarebbe servita una canna. Nel cortile del castello, o lì intorno, mi sembrava, visualmente, che ci fosse un canneto. Poi avrei avuto bisogno della colla. La colla l’avrei potuta creare io con il riso o con il pane che ci davano da mangiare. Noi, per esempio, fino agli anni ’40, abbiamo sempre usato la colla di riso o di farina per incollare la tela all’interno del mantice. Si è sempre usata quel tipo di colla lì. Quindi mi sono detto: ‘se io avessi avuto questi tre elementi, e avrei potuto averli, sarei riuscito a realizzare un qualcosa di simile a una fisarmonica’. Quindi una mattina ho iniziato veramente a farla! Per prima cosa, da mia moglie mi sono fatto dare un pezzo di pane molto duro, che tante volte mia moglie lo accantona per poi grattarlo; quindi l’ho sfarinato aiutandomi con una pietra (che avrei facilmente trovato nel castello) e l’ho fatto talmente fino, che poi con l’acqua, impastandolo, è venuta fuori una colla. L’ho provata su della carta e ho veduto che attaccava. Poi, ho sovrapposto tutti i fogli di un giornale e ho fatto degli spessori, che ho utilizzato per realizzare i tasti, la tavola armonica, il soniere e lo châssis. La canna, invece, l’ho usata per fare il basamento e le ance della fisarmonica. Poi, sempre con la canna ho fatto bene una spilla per congiungere i tasti, e la molla. Per tagliare ho usato, onestamente, un coltello normale, ma nelle condizioni del sogno ho pensato che per mangiare mi avrebbero dato una forchetta che avrei potuto affilare sfregandola su una pietra. Comunque, piano piano, con la fantasia, sono riuscito a creare un modellino, 4 voci, che suonava veramente. Per me è stata una grande soddisfazione. Ho avuto difficoltà a fare il mantice, perché l’ho dovuto fare tutto d’un pezzo, piegandolo a mano; un lavoro di grande pazienza e di fantasia, ma la soddisfazione è stata immensa. Una volta ho letto un motto di Walt Disney. Non lo ricordo esattamente ma diceva qualcosa come: ‘la fantasia è una cosa che nasce e non invecchia mai’.

Nazzarenio Carini - Un uomo profondo (sesta parte - foto 2)Il momento dell’arrivederci, malinconicamente, si avvicina e rivolgo un’ultima domanda a Nazzareno. La storia che mi ha raccontato è iniziata con il padre e vorrei che finisse con lui, con qualche parola sull’eredità che Carino Carini ha lasciato a Nazzareno, su quanto gli ha insegnato…

“Mio padre mi ha lasciato molte cose della sua esperienza. Lui lavorava a mezzo metro da me, lavoravamo affiancati. Dopo la Francia, abbiamo dovuto iniziare da capo ed eravamo in una stanza di 4 metri per 3. Quindi eravamo attaccati. Mio padre mi ha lasciato, però, soprattutto, la grande passione con la quale lavorava. Oltre a tutti i bei ricordi che un figlio conserva dei genitori, naturalmente. La commozione sta per prendere il sopravvento ed io preferisco non insistere. Spengo la telecamera. La commozione coglie anche me perché sto per salutare Nazzareno. Nei giorni trascorsi a Castelfidardo in sua compagnia, ho conosciuto ed apprezzato un grande maestro della fisarmonica, ma ho anche guadagnato un grande amico. L’appuntamento con Nazzareno è duplice: tornerò a trovarlo per il piacere di trascorrere del tempo in compagnia sua e della sua splendida, accogliente famiglia; ma, in futuro, anche per farmi raccontare… i suoi prossimi 80 anni di attività.