… dalla nostra Storia – febbraio 1974 – “La pagina del liutaio – 2° parte”

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da STRUMENTI & MUSICA – anno ventisettesimo – 1974

LA PAGINA DEL LIUTAIO – ITINERARI  (2° parte)

di Ernesto Fausto Ciurlo

 

La pagina del liutaio Itinerari (1° parte - immagine 1)Il legno del fondo, è bene sia lavorato accuratamente in modo da presentare una superficie molto liscia all’interno. Sia di essenza dura e di struttura cavernosa. (Il palissandro e l’acero, più il primo del secondo, rispondono a queste caratteristiche. Ma vi sono altre essenze altrettanto adatte a fornire buoni fondi, di minor costo).

Per terminare col fondo, accennerò alla superficie esterna, che conviene sia lavorata in modo da presentare una differenza di spessore fra i bordi e il centro di circa un millimetro o un millimetro e mezzo. Lo spessore massimo è bene si trovi in corrispondenza del ponte.

Vibrazioni del manico e della paletta. Un altro elemento che non deve vibrare è la paletta.

Le vibrazioni che il manico desume dall’estremità superiore della corda, premuta contro la barretta del tasto, è alquanto forte e paragonabile a quella che l’estremità opposta trasmette al ponte. Sarebbe desiderabile che essa discendesse lungo il manico, fino alla sua radice e si trasferisse alla tavola, sia per conduzione lignea, sia attraverso i centri di pressione acustica, nell’interno della cassa.La pagina del liutaio - Itinerari (2° parte - immagine 1)

Senonché il legno del manico trasporta le vibrazioni tanto verso la tavola, quanto verso la paletta, per cui quest’ultima le riceve e le esaurisce vibrando, infruttuosamente, nell’aria.

La paletta riportata sul manico e ricavata in un pezzo tagliato con le fibre di traverso a quelle del manico, diminuisce notevolmente la vibrazione.

Nel caso – più frequente – di una paletta ricavata in un solo pezzo col manico, si può provare a introdurre, nella tastiera e nel manico, un tassello di legno duro e pesante, sempre con fibre incrociate con quelle del manico. È nota, infatti, la forte differenza nella conduttività del suono nel senso delle fibre e in quello ad esse perpendicolare. Si realizza, inoltre, un vero e proprio arresto della vibrazione all’incontro dei due fasci ortogonali di fibre.

In ogni caso, conviene che le barrette, che dividono i tasti, siano quanto più possibile sottili, perché la componente della vibrazione perpendicolare al manico è tanto maggiore quanto più le barrette sono spesse. Particolare attenzione va posta alle tacche o scanalature del capotasto, destinate a tenere il sito le corde, perché la loro altezza, sulla tastiera, non superi quella delle barrette. Se la chitarra presenta una barretta, a seguito del C.T., converrà che dette scanalature siano, addirittura, più basse delle barrette.

Tavola. La tavola non è elemento su cui convenga intervenire in fase di messa a punto. A meno di casi speciali, nei quali s’intenda sperimentare un nuovo sistema d’incatenatura o qualche dettagli di essa, la tavola è argomento di progettazione.

Il calcolo e il disegno della tavola, dei suoi spessori e della loro distribuzione, esce, quindi dai limiti di questo appunto, anche se proprio tale calcolo e tale disegno costituiscano la parte più importante per la riuscita di una buona chitarra. Per cui, sia detto come inciso, la migliore tavola è quella che presenta, non solo i suoi settori (in cui è divisa dai raggi della catena) più esattamente intonati, ma anche, allo stesso tempo, meglio proporzionati, in superficie e peso, all’energia vibratoria che li raggiunge, mentre il sistema dell’incatenatura è tale che i singoli bracci sono proporzionati ai valori dell’energia della frequenza propria destinata ai singoli settori.

Catene trasversali del fondo. La posizione di queste due catene è, grosso modo, la seguente: la prima, a mezza via fra la proiezione del ponte e quella della catena maestra, la seconda, a 2/3 dell’altezza della bocca.

Entrambe le catene del fondo possono estendersi fino alle fasce (a differenza di quelle della tavola) e avranno profilo e spessori uguali a quelli della catena maestra.

Questo criterio è da ritenersi di massima e ammette alterazioni, giustificate dai singoli casi. È sempre utile e consigliabile tentare di ricercare, mediante piccoli spostamenti dell’una e dell’altra catena, lungo l’asse del fondo, la posizione migliore agli effetti del suono.

La dinamica delle pressioni acustiche, nell’interno della cassa armonica, infatti, e a livello della bocca, discende in linea principale dal modo specifico di vibrare della tavola, modo che varia, anche nel caso di una geometria costante, per l’incidenza di elementi fisici del legno, nei diversi punti, incontrollati o incontrollabili. Si completa, poi, in seguito alle riflessioni e alle deviazioni dovute agli effetti combinati del tracciato delle fasce e alla posizione e caratteristiche delle catene trasversali, della tavola e del fondo.

È per tutte queste cause, che sfuggono al controllo della tecnica costruttiva, che è utile se non quasi necessario, eseguire la ricerca sperimentale della migliore collocazione delle catene trasversali del fondo.

Bracci della raggera. – In teoria, un discorso simile potrebbe farsi pure per i bracci della raggera. Tuttavia, mentre il loro esiguo spessore diminuisce grandemente la loro incidenza nel gioco delle pressioni nell’interno della cassa, la loro funzione specifica è di condurre e distribuire su tutta la superficie del diaframma vibrante, l’energia vibratoria desunta dal ponte. Per cui la loro sezione, Iunghezza, rastremazione e peso, discendono in linea diretta, dalla porzione di energia che devono condurre. Il disegno della raggera, dunque, il tracciato e lo spessore di ciascun braccio, sono materia di progettazione e non di messa a punto. È ovvio, tuttavia, che la portata di ogni elemento, in termini di energia vibratoria, non dipende solamente dalla sezione, ma anche dalle caratteristiche di portanza specifica del legno. Rifacendoci, per analogia, ai conduttori elettrici, è ovvio che la stessa sezione del conduttore avrà portate differenti a seconda del materiale (rame, ferro, paraffina, porcellana, etc.) ossia della sua resistenza specifica al passaggio della corrente.

Come controllare la resistenza specifica del legno al passaggio delle vibrazioni acustiche?

Il fenomeno è abbastanza semplice, se si pensa alla struttura del legno. Esso risulta, all’esame più elementare al microscopio, dall’interposizione di un tessuto vascolare, ripieno di umori, nel legno fresco, nel fascio delle fibre, più o meno compatte e diritte. Appare subito evidente che quanto maggiore è l’incidenza in peso e in volume del tessuto fibroso nel peso totale, tanto minore è la resistenza alla processione delle vibrazioni. Saranno, dunque, da scegliersi, per l’incatenatura, tavolette di legno a fibra diritta e molto spessa. Sarà, ancora motivo di preferenza un maggior peso specifico e un maggior cedimento elastico.

È norma comune impiegare per le catene lo stesso legno della tavola ed è buona norma a motivo di tutti gli elementi che si giovano dell’omogeneità del materiale di tutte queste parti, che devono vibrare di conserva con la tavola.

La scelta, dunque, del legno per le catene si trasferisce a quello per la tavola, ferma restando la preferenza dei pezzi a fibra più fitta per la costruzione delle catene.

Il discorso si conclude con l’esigenza di una tabella di base che accolga, per il tracciato adottato dal costruttore, non solo i pesi delle singole parti ma anche le loro alterazioni col variare del peso specifico e del modulo di elasticità del legno impiegato, entro i limiti che si ritengono accettabili.

Immediato corollario di questa conclusione è la necessità della determinazione preventiva di questi due elementi, per ogni costruzione, per cui la mancanza dell’attrezzatura necessaria a tali determinazioni è già motivo d’incertezza nella riuscita dello strumento.

Questi punti sono già stati affermati in altre memorie e vengono, qui, richiamati per comodità del lettore.

Sono d’accordo che la pratica vale quanto e più della grammatica ed è vero che il buon liutaio sente il suo legno e che in questo «sentire» si concentrano, sinteticamente, le determinazioni analitiche in discorso. Ma anche la pratica e l’intuizione sono un relativo e può pure succedere che il liutaio, per ragioni pratiche e contingenti, si accontenti del legno che ha. Per cui una casistica di relazione fra i pesi delle singole parti e le loro caratteristiche fisiche, risulta di indiscutibile convenienza.

Messa a punto del ponte. Comprende due operazioni principali:

1) Ricerca della migliore posizione del ponte al centro del diaframma vibrante. Piccoli spostamenti, in alto o in basso, lungo l ‘asse della tavola influiscono sul rendimento acustico dello strumento, a volte in misura notevole. Le diverse densità del legno, nei vari punti del diaframma, infatti, possono spostare il baricentro del diaframma stesso.

Naturalmente, questa operazione dovrà essere fatta prima della tracciatura della tastiera e della collocazione del capotasto.

2) Scelta della migliore altezza del ponte. (altezza totale, misurata sulla tavola).

Essa dipende, in linea di massima, dal peso della tavola e dell’incatenatura. A una tavola sottile e di uniforme spessore, con catene leggere, conviene un ponte basso, con ossicini bassi, a loro volta così da consentire un buono spessore del legno ad essi sottoposto.

A una tavola con spessori graduati, invece, con settori intonati e incatenatura più pesante, conviene un ponte più alto e con diverso rapporto fra lo spessore del legno e l’altezza degli ossicini. Così pure, quanto la tavola presenta una convessità verso l’esterno e una struttura a centina dell’incatenatura, sia essa sferica o cilindrica.

L’operazione di messa a punto del ponte si eseguirà sostituendo gli ossicini con altri di volta in volta di maggiore altezza, o sostituendo addirittura il ponte con altro di diversa fattura. Il controllo del suono, per volume, timbro, omogeneità eccetera, sarà fatto su tutte le corde e su tutti i tasti.

Nell’esecuzione di questa operazione può tornare utile la conoscenza del meccanismo della trasmissione delle vibrazioni dalla corda alla tavola, attraverso il ponte. (Itinerari).La pagina del liutaio - Itinerari (2° parte - immagine 2)

Nella figura si è rappresentata la sezione di un ponte. Vi si distinguono gli ossicini, la parte solida del ponte con funzione di sostegno e guida di essi e la piastra di attacco alla tavola. Si è segnata con la linea AB, la traccia del piano di vibrazione del fuso della 3′ corda, che appoggia sul ponte del punto O. Discendendo lungo l’ossicino, le vibrazioni si allargano lievemente a ventaglio e raggiungono il legno del ponte nei punti A e A’.

Il ponte, a sua volta allarga (e in misura molto maggiore) detto ventaglio, così che la vibrazione raggiungerà la tavola ripartita nel tratto P-P’.

Una prima osservazione è immediata ed è che, oltre che dalle disposizioni delle fibre del ponte, dalla natura del legno, anche soprattutto dallo spessore di esso, dipende la larghezza del tratto P-P’. Vale a dire che, se gli ossicini sono bassi e il legno spesso, tale tratto sarà più ampio, mentre se gli ossicini sono alti e lo spessore del legno minore, il tratto sarà più breve. Di conseguenza la pressione specifica, nel secondo caso sarà più intensa (concentrata). Ora vediamo cosa succede nella tavola. Questa scompone gli impulsi, ricevuti nel tratto P-P’, nei due vettori PQ e PR e rispettivamente P’Q’ e P’R’. Le componenti PQ e P’Q’ mettono in movimento il gioco delle pressioni lungo le fibre della tavola comprese nel tratto P-P’, mentre le componenti PR e P’R’ si propagano, trasversalmente alla tavola, fino ai suoi bordi.

Appare qui evidente la differenza del gioco delle pressioni incrociate risultante, a seconda delle proporzioni tra i vettori PQ e PR, vale a dire delle proporzioni fra l’altezza degli ossicini e lo spessore del legno. Questo vale tanto per un ponte di altezza costante, quanto per ponti di diverse altezze.

Appare altrettanto evidente l ‘importanza che hanno le caratteristiche di conduttività degli ossicini e del legno del ponte. (Non si trascuri quella degli ossicini, scartando quelli di materiale sintetico. Non so perché non si usino ossicini di metallo, ottimo conduttore del suono). Ne segue che, qualora si voglia aumentare la percussione della tavola e il conseguente maggior sviluppo del diaframma in lunghezza (senso assiale della tavola) – converrà aumentare l’altezza degli ossicini; quando, invece, si desideri allargare il diaframma vibrante e accorciarlo, si impiegheranno ossicini più bassi e si aumenterà lo spessore del legno al disotto di essi. In termini generali, nel primo indirizzo, si procede verso un timbro più chiaro e secco, nel secondo verso un timbro più scuro e morbido.

Di qui si vede che la messa a punto del ponte non si limita alla sua posizione e alla sua altezza totale, ma si estende alla sua fattura. Converrà, dunque, avere un vero assortimento di, ponti, per poterli sostituire nel corso delle prove. Si noti che non è necessario incollare il ponte alla tavola ad ogni prova, ma, agli effetti desiderati è, spesso, sufficiente un buon piano di corretto contatto.

Vale la pena di accennare alla combinazione di legni con fibre ad andamento incrociato, nelle diverse parti del ponte (in piedi, nel tratto sottoposto agli ossicini e trasversale nella piastra di attacco).

Spero che quanto esposto sia sufficiente a chiarire l’idea che il ponte è un elemento importante nel quadro dell’acustica dello strumento, e che non ci sono ponti buoni e ponti cattivi, né regole fisse per la loro altezza, ma che ogni caratteristica del ponte si integra nell’equilibrio generale delle strutture.

Scelta del diametro e della posizione della bocca. Sebbene sia ovvio che pure la bocca costituisce un elemento integrante dell’acustica globale dello strumento, avviene che, la maggior parte dei costruttori adotti un determinato diametro e una determinata posizione della bocca e che ad essi si attengano senza alterazioni.

 

Ernesto Fausto Ciurlo

(continua)