“Quel dannato maestro di cappella”
Ivano Cavallini, “Il direttore d’orchestra. Genesi e storia di un’arte”
Togliamoci subito il dente. Il titolo del saggio di Ivano Cavallini (Curci, 2023) è davvero “politicamente scorretto”. Alla luce di ricerche – recenti e meno recenti (tra le più interessanti ed esaustive quella di Elke Mascha Blankenburg, Le direttrici d’orchestra nel mondo. Una galleria di ritratti da Marin Alsop a Xian Zhang, Zecchini, 2023) – usare il solo genere maschile per definire un’arte come quella della direzione d’orchestra risulta, oltre che oltraggioso, anche storicamente inesatto (a breve, il nostro giornale lancerà una campagna tesa a far conoscere l’imprescindibile ruolo delle donne in questo campo come in quello della composizione). A partire dalla civiltà sumera a oggi e passando per quelle giudaica, islamica (prima della morte di Maometto), cristiana occidentale medievale (Hildegard von Bingen), rinascimentale, barocca e via dicendo, la storia di quella professione è una storia declinabile anche al femminile, come ricorda Milena Gammaitoni, curatrice del testo citato poc’anzi.
Sgomberato il campo da questo «peccato originale», il libro di Ivano Cavallini è particolarmente interessante, indagando non tanto l’intera storia della direzione d’orchestra, la sua fortuna o l’uso dell’orchestra come strumento. Né, tantomeno, raccontando le vicende umane e artistiche delle principali figure che hanno contribuito alla sua evoluzione. Il tema principale del saggio è la genesi di quest’arte, e focalizza l’attenzione sul periodo fra il 1750 e il 1870, “date convenzionali, da assumere con qualche cautela” –scrive l’autore nella ‘Premessa alla prima edizione’ del 1998 – “corrispondenti ai due momenti nei quali si situano i primi trattati che concedono spazio al ruolo emergente del direttore e, sul versante opposto, ai manuali che fissano a scopo didattico i criteri della professione trasformata in autentica disciplina”.
Non mancano significative escursioni nei secoli precedenti. Al XVII secolo è dedicato ampio spazio con l’utilizzo di fonti quali i ruoli di pagamento e l’iconografia che coincidono nell’individuare le figure di un battitore di tempo e di un direttore, a volte convergenti nella stessa persona. Prima che la bacchetta prendesse il sopravvento, lo strumento per la direzione (o, meglio, per dare il tempo) era generalmente costituito da un bâton o da un rouleau de papier, e, raramente, da una grande asta come quella di cui, notoriamente, fu vittima Jean-Baptiste Lully. Il testo di Ivano Cavallini è intervallato da interessanti brani letterari delle epoche prese in considerazione. Interessanti quanto gustosi, come nel caso, per esempio, in cui trattano degli strumenti di cui sopra. Ecco come il cantante e violinista Johann Bähr ne descriveva struttura e funzione nel 1719: “In alcuni luoghi, quando gli organisti dirigono hanno una struttura dotata di un braccio di legno, che possono muovere su e giù con il piede e che quasi mi fa morire dalle risate. Altri battono il piede sul pavimento, cosicché i colpi risuonano dentro l’intera chiesa in modo veramente fastidioso […]. Molti decenni dopo (1786), nel suo Viaggio in Italia, Goethe scriverà: […] sarebbe stato un vero piacere se quel dannato maestro di cappella non avesse spudoratamente battuto il tempo con un rotolo di spartiti contro la grata […]. Il suo martellare era assolutamente superfluo e distruggeva tutto l’effetto […]. Il rumore estraneo vanificava le armonie. E pensare che quello era un musicista e non se ne accorgeva […]”.
Dunque, “il sistema ordinario prevedeva una direzione a due, con un direttore al cembalo o all’organo e un primo violino a capo degli strumenti” e resisterà, in taluni luoghi e circostanze, fino al XIX secolo inoltrato, sebbene già dalla metà del secolo precedente si andasse affacciando la convinzione (Johann Joachim Quantz, 1752), che “una buona esecuzione dipende molto da colui che la conduce” e che questo soggetto non debba essere, necessariamente, un compositore, né un anziano, né un abile solista, ma una persona dotata delle “necessarie conoscenze per guidare un complesso di musici”.
La musica di Haydn, Mozart e Beethoven, quella di Weber, di Schubert e dei primi romantici vanno, gradualmente, a comporre lo scenario in cui si avverte la necessità della figura di un interprete nella musica strumentale e, successivamente, con Verdi e Wagner, in quella operistica. La spinta maggiore all’affermazione di quella figura arriva, però, dall’irrazionalismo romantico, che vede in essa un tipo di esecutore in grado di guidare un ensemble in una superiore visione interpretativa e di avere lo stesso livello di ispirazione dell’autore. Tanto da spingere Weber a ritenere addirittura dannoso il rispetto delle indicazioni del compositore in partitura.
Il saggio di Ivano Cavallini si chiude con un sintetico quanto efficace excursus sul Novecento, in particolar modo sui suoi primi decenni, quando, contraddicendo la credenza che la direzione non si potesse imparare se non esercitandola, Nikisch, Koussevitzky, Swaronsky, Markevitch lasciano un segno indelebile nella didattica di un’arte la cui crescita ed evoluzione saranno sempre meno legate alle “scuole” nazionali e, sempre più, frutto di un progressivo confronto di respiro internazionale.
Ivano Cavallini (Adria, 1952), già professore di Storia della musica al Conservatorio di Trieste e di Musicologia all’Università di Palermo, è membro dei comitati scientifici dei periodici “Recercare” (Roma), “Arti Musices” (Zagabria, HR), “De Musica Disserenda” (Lubiana, SLO). Nel 1998, con Il direttore d’orchestra: genesi e storia di un’arte (Venezia, Marsilio, 1998; Milano, Curci, 2023) ha vinto il premio “Città di Iglesias”. Dal 2002 al 2007, è stato membro del comitato scientifico della Fondazione Levi di Venezia. Nel 2012, ha ricevuto la nomina di membro onorario per meriti scientifici dalla Società Croata di Musicologia. Nel 2020, con la plaquette Fango pannonico: un paradigma populista per Miroslav Krleža (Edizioni Università di Trieste), ha ricevuto il premio “Francesco Carbone-Experimenta Saggistica d’Arte”. Si occupa di incidental music, di storiografia della musica e dei rapporti tra la musica italiana e i Paesi slavi dell’Europa Centrale.
Ivano Cavallini, Il direttore d’orchestra. Genesi e storia di un’arte
Editore: Curci, Milano
Anno di edizione: 2023
Pagine: 301, lll., bross., € 27,00