“Cosa nostra social club. Mafia, malavita e musica in Italia”

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Cosa nostra social clubÈ uscito per Il Saggiatore “Cosa nostra social club. Mafia, malavita e musica in Italia”. L’autore è Goffredo Plastino, Reader in Ethnomusicology presso la Newcastle University e presidente della International Association for the Study of Popular Music. Tra le altre sue pubblicazioni mi fa piacere ricordare – sempre per i tipi de Il Saggiatore – “L’anno più felice della mia vita. Un viaggio in Italia 1954-1955”, il libro, edito nel 2008, nel quale Plastino ha ripercorso l’esperienza di ricerca di Alan Lomax in Italia. Il volume sulle musiche delle mafie si inserisce, invece, nel quadro di una riflessione “sulle rappresentazioni della violenza individuale e del crimine organizzato nel canto popolare, nell’opera e nella popular music”. Come si può leggere nella quarta di copertina, “fin dagli anni novanta studiosi, giornalisti, politici, magistrati, scrittori e moralizzatori dichiarano che le canzoni «criminali» intonate in Campania e Calabria sono in grado di influenzare negativamente chi le ascolta, soprattutto i giovani, e quindi da bandire e dimenticare. In Italia, dunque, esisterebbe un’educazione musicale alla mafia impartita attraverso melodie e testi che, descrivendo comportamenti violenti, giustificano o determinano la violenza: un automatismo ancora indimostrato. Nonostante la censura culturale alimentata dai media, però, quelle ballate continuano a essere ascoltate. La trilogia dedicata alla Musica della mafia ha rappresentato un fenomeno discografico rilevante sia in Italia sia all’estero; autori e interpreti come Mimmo Siclari e Tommy Riccio vantano un nutrito seguito di fan irriducibili. Che si tratti di cd venduti nei vicoli o di video su YouTube, di neomelodici o di canzoni di carcere, la musica «criminale» intercetta una porzione di pubblico tutt’altro che trascurabile… Attraverso riferimenti ad autori quali Roberto Saviano e Leonardo Sciascia, a musicisti e cantanti come Fabrizio De André, i Giganti, Mina e Ornella Vanoni, Cosa Nostra Social Club per la prima volta descrive la nascita e la diffusione di un’«emarginazione musicale» ancora oggi pienamente in vigore.